Tra annunci delle case farmaceutiche e fughe in avanti dei governi degli Stati più colpiti dalla pandemia, in attesa della conferma da parte delle autorità sanitarie mondiali, la sperimentazione scientifica e i test volti a valutare l’efficacia dei primi vaccini anti-covid che saranno distribuiti dal 2021 rappresentano il presupposto per un progressivo ritorno alla “normalità”, sebbene questo comporterà inevitabilmente l’introduzione da parte dei singoli Paesi di una sorta di patente o lasciapassare di immunità, il cosiddetto passaporto digitale di immunità.
Se da un lato, infatti, la gestione dell’emergenza richiede sforzi e sacrifici economici di cui le diverse fasce sociali dei Paesi più esposti subiscono gli effetti da ormai quasi un anno, i contraccolpi sociali nella sfera del singolo individuo che acuiscono una condizione già di forte disagio psicologico accompagnata dalla paura del contagio, iniziano a trovare la propria nemesi nelle prime ipotesi dei piani vaccinali su larga scala, anche se è opportuno ricordare che questi non potranno essere elargiti prima di alcuni mesi.
Le campagne di vaccinazione del Covid-19, tuttavia, richiederanno piani di distribuzione che non potranno prescindere dalla priorità confronti delle categorie più a rischio, medici e operatori sanitari in primis, sia intese in termini di vulnerabilità che in termini di impegno in prima linea nella gestione dell’emergenza.
D’altra parte, come recentemente dichiarato dall’inviato speciale dell’OMS, Nabarro, se i Paesi europei non si doteranno rapidamente di un’infrastruttura sanitaria efficiente per tenere sotto controllo il virus, saranno colpiti da una terza ondata nel 2021.
Senza entrare nel merito di un argomento ampio e specialistico, dalle implicazioni profonde e ramificate capaci di incidere tanto nella sfera dei singoli che nelle scelte della politica dei singoli governi e delle autorità sovranazionale, è sufficiente considerare questi razionali per comprendere come l’efficacia della panacea vaccinale dipenda anche dalla capacità di autoregolamentazione dei settori produttivi di ciascun Paese, seppur nel rispetto delle limitazioni che nel corso del tempo saranno oggetto di progressivo allentamento.
E’ il caso ad esempio del settore dell’intrattenimento del vivo, in particolare dei concerti, dei grandi eventi live, anche di carattere sportivo e dei festival, fermo da marzo con conseguenze economiche che hanno interessato tutto l’indotto e la cui ripartenza non può prescindere negli scenari futuri da una strategia modulare che contempli tecnologia, corretto utilizzo dei dati personali, misure di prevenzione e controllo e integrazione nei protocolli sanitari e nei meccanismi di tracciamento.
Si tratta nella maggior parte di soluzioni che prevedono investimenti ingenti e che saranno alla portata inizialmente dei grandi player del settore anche se, una volta sperimentati, potranno rappresentare esempi virtuosi replicabili su scala, al fine di consentire anche alle realtà più piccole di adattarsi e predisporsi ad un nuovo modo di proporre gli eventi live.
Ma soprattutto, indipendentemente dalla resilienza che le organizzazioni civili e imprenditoriali dimostreranno negli anni a venire, il momento che stiamo vivendo è cruciale affinché venga sancito dai paesi industrializzati del G20, la cui presidenza nel prossimo anno spetterà all’Italia, il principio di responsabilità di un vaccino universale ed equo capace di non alimentare le disparità sociali e di garantire la prevenzione dal contagio anche ai Paesi poveri, specie in quelli dove la pandemia per diversi fattori al momento non ha avuto la diffusione e l’effetto dirompente che si temeva.
Tra i big del settore dei grandi concerti, il colosso californiano Ticketmaster ha annunciato, come recentemente riportato da Billboard un progetto ancora in fase di sviluppo che dovrebbe garantire l’accesso agli eventi contingentato nei limiti di legge tempo per tempo vigenti e, soprattutto, in piena sicurezza, previo rilascio del passaporto di immunità attraverso un sistema di tracciamento tramite smartphone per il controllo dell’avvenuta vaccinazione dei possessori di biglietto e della negatività al test del coronavirus in una finestra non superiore ad un intervallo compreso tra le 24 e le 72 ore dall’inizio dell’evento.
Più nel dettaglio, il progetto che dovrebbe interessare inizialmente il mercato statunitense prima di quello britannico, dovrebbe basarsi sulla simultanea interazione di tre componenti: una piattaforma integrata di digital ticketing, la condivisione di informazioni di carattere sanitario da società private specializzate nel rilascio health passport e organizzazione sanitarie che si occupano dell’effettuazione di test e somministrazione di vaccini.
Dopo aver acquistato un biglietto per un concerto o un grande evento live, incluse le manifestazioni sportive, i partecipanti dovranno obbligatoriamente dimostrare di essere in possesso di certificato vaccinale oppure di essere risultati negativi al tampone o al test rapido eseguito circa 24-72 ore prima del concerto.
La durata della copertura fornita dal tampone o dal test sarebbe regolata dalle autorità sanitarie locali, quindi ad esempio se i partecipanti ad un concerto del venerdì sera dovessero essere sottoposti al test con 48 ore di anticipo, la maggior parte di essi potrebbe iniziare lo screening il giorno prima dell’evento. Se si trattasse di una finestra di 24 ore, la maggior parte delle persone dovrebbe eseguire il test lo stesso giorno dell’evento in un laboratorio o in una clinica sanitaria.
Contestualmente all’effettuazione del tampone o del test, il partecipante all’evento dovrà autorizzare il centro diagnostico a trasmettere l’esito alla società incaricata di rilasciare il certificato digitale per l’attestazione di persona covid free: in caso di test negativo, o nei casi di persona vaccinata, il passaporto digitale di immunità sarebbe validato ed inviato alla società di vendita e distribuzione di biglietti per i grandi eventi, che soltanto a a questo punto rilascerebbe un codice per la conferma della validità del ticket acquistato.
In caso di positività o qualora lo spettatore non si sottoponga al test, il mancato rilascio del passaporto digitale di immunità non consentirebbe la validità del biglietto.
Se quindi da una parte la proposta di Ticketmaster vuole escludere che il pubblico debba sottoporsi al test sul luogo dell’evento, con l’effetto che i costi organizzativi dello screening collettivo ricadano inevitabilmente anche sugli organizzatori, dall’altro i possessori dei biglietti acquistati in prevendita sarebbero obbligati ad accettare il test obbligatorio in quanto soltanto gli spettatori covid free verificati sarebbero ammessi all’evento, con la garanzia che la società di ticketing non memorizzerebbe i dati sanitari né la cartelle cliniche dei possessori dei tagliandi di ingresso ma si limiterebbe a conservare per un dato periodo di tempo i nominativi dei partecipanti.
La responsabilità del tracciamento e della corretta gestione dei dati sanitari trasmessi dai centri diagnostici autorizzati sarà di competenza, invece, di quelle società che nel modello statunitense di sanità privatizzata sono già abilitate al rilascio dei passaporti sanitari, seguendo lo stesso modello di screening digitale che è attualmente in fase di studio per quanto riguarda i viaggi aerei, quelli ferroviari, l’ingresso nei musei, nei cinema e teatri e nei parchi a tema e che passerà necessariamente per il ruolo chiave di imprese hi-tech innovative dedicate alla prevenzione del contagio Covid-19.
Oltre all’architettura imperniata intorno al passaporto digitale di immunità, i grandi player del settore come Ticketmaster stanno approntando una app integrata in grado mantenere connessi gli organizzatori di eventi e gli spettatori al fine di garantire il rispetto degli obblighi di distanziamento, l’ingresso a scaglioni nei luoghi dell’evento e la possibilità del tracciamento ex-post.
“Perché gli eventi live ritornino, la tecnologia e la scienza giocheranno un ruolo enorme nello stabilire protocolli integrati in modo che i fan, gli artisti e i lavoratori si sentano ” ha dichiarato Marianne Herman, co-fondatrice di reBUILD20, società che si occupa di aiutare le aziende di intrattenimento e di eventi dal vivo a sviluppare le strategie anti covid; “l’integrazione delle piattaforme di biglietteria con il tracciamento dei partecipanti è uno dei pilastri su cui costruire la futura architettura gestionale degli eventi del vivo”; “l’esperienza di partecipare ai grandi eventi cambierà radicalmente, ma l’innovazione tecnologica consentirà al mondo dell’intrattenimento dal vivo di tornare a vivere”.
A seguito dell’annuncio riportato da Billboard, il dibattito innescato sui social non ha risparmiato Ticketmaster dalle polemiche dei fan ma anche di una parte degli addetti ai lavori, molti dei quali hanno espresso la propria preoccupazione relativa alla tutela della privacy e le perplessità legate all’obbligatorietà del tracciamento sanitario che il nuovo scenario implicherebbe.
Il rischio di un boomerang reputazionale ha comportato una parziale smentita di Ticketmaster, la quale in una dichiarazione alla BBC ha chiarito di non disporre di alcun potere per stabilire e orientare le politiche sui requisiti di sicurezza sanitaria per consentire l’ingresso ai grandi eventi dal vivo, che rimane di competenza delle autorità governative, ma che alcune organizzazioni se saranno autorizzate dai governi potranno farlo.
Il dibattito, quindi, rimane aperto e se da un lato il modello organizzativo che ruota intorno al passaporto digitale di immunità è pensato essenzialmente per il contesto statunitense dove il concetto di health passport è già una realtà e i privati operano in regime concorrenziale nel quadro di un sistema a prevalente vocazione assicurativa privata ma solo in parte a copertura statale, dall’altro non può essere considerato scalabile per i Paesi, come l’Italia, che mantengono un servizio sanitario nazionale nel quale il privato interviene soltanto in via sussidiaria rispetto al pubblico.
Non a caso, alcuni governi come quello britannico e quello giapponese (anche in vista delle Olimpiadi di Tokyo 2021), stanno lavorando a possibili soluzioni alternative, come ad esempio l’introduzione di un QR code scansionabile attraverso il proprio smartphone che rappresenterebbe una sorta di visto all’entrata per la partecipazione agli eventi pubblici, il quale non farebbe venire meno il principio, ormai acquisito, dell’accesso agli eventi pubblici consentito unicamente agli spettatori in possesso di valido certificato di vaccinazione.