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Plethor X, il duo elettronico sperimentale di base a Milano, pubblica il proprio album di debutto What U Mean, progetto artistico che indaga il trauma coloniale attraverso sonorità afro-futuriste per lanciare un grido di autodeterminazione e anti-colonialismo.

Il trauma coloniale non segue una linea temporale definita, così come la memoria. Si infiltra e si deposita nelle fibre della nostra esistenza senza uno schema preciso, attraversando generazioni e spazi temporali, avanti e indietro tra passato, presente e futuro. Quel che rimane della memoria traumatizzata è solo un insieme di frammenti, che riemergono involontariamente dal subconscio.

Alla pubblicazione del suo romanzo Beloved, la scrittrice premio nobel Toni Morrison coniò il termine rememory, differenziandolo dal concetto classico di memory (memoria, ricordo). Mentre quest’ultimo rappresenta l’atto volontario di riportare a galla i ricordi, la rememory rappresenterebbe quell’insieme di ricordi che, inizialmente repressi dal subconscio, ritornano alla mente involontariamente, a frammenti, in modo scomposto; come uno spettro che infesta il pensiero.

È in questo contesto che Plethor X emerge, un progetto musicale che incanala le dimensioni sfaccettate di tali fenomeni. Attraverso il suono, Plethor X tenta di esorcizzare il trauma, abbracciando le eredità culturali e le memorie collettive come forma di guarigione. E come Toni Morrison ha usato la letteratura per dare voce al trauma dell’intera popolazione afro-americana incapace di lasciarsi alle spalle la ferita del periodo di schiavitù, anche il progetto afro-futurista dei Plethor X pone nuovamente luce sulla necessità di lottare contro il colonialismo anche nel ventunesimo secolo. 

Plethor X è un duo artistico e musicale composto dal sound designer Giovanni Isgrò e dall’artista multidisciplinare Jermay Michael Gabriel, entrambi di base a Milano. La loro collaborazione non verte solo sulla musica, ma abbraccia una pluralità di pratiche artistiche trovando concretizzazione nel 2024 con “What U Mean“, il loro album di debutto. Plethor X nasce come un’opportunità per immaginare, attraverso la musica, orizzonti anti-egemonici in dialogo costante. 

Al centro del progetto Plethor X c’è la tradizione musicale Habesha, un elemento distintivo dell’infanzia di Jermay, cresciuto in Etiopia, ex-colonia italiana. Nelle proprie tracce, il duo fa ampio uso del sampling di Masinko, uno strumento etiope ed eritreo a corda singola, inserendoli in strutture ritmiche uniche. Su queste basi, Giovanni Isgrò innesta elementi di footwork, ghetto house, gqom e singeli, generando un portale spazio-temporale di complicità e sperimentazione sonora.

I soundscape di Plethor X sono veri e propri ecosistemi afro-futuristi, carichi di messaggi espliciti. Ad esempio, nel brano “Negro”, si contraddistingue chiaramente l’avvertimento ‘Don’t use the N word’ ripetuto costantemente a inizio brano da una voce distorta; un monito che si fonde con texture percussive frenetiche costruite attraverso la distruzione.
In “Bet”, la recitazione ipnotica di parole in Tigrinya da parte di Muna Mussie, tratta da filastrocche e espressioni emblematiche della cultura eritrea, aggiunge un ulteriore livello di profondità. La voce di Mussie, condividendo le stesse origini di Jermay, diventa un veicolo per esprimere una malinconia identitaria, quel sentimento borderline di chi non si sente né pienamente italiano né più africano, attraverso una modalità ripetitiva che suona come un processo di riconciliazione con la propria identità frammentata.

Come si può notare, l’album “What U Mean” vede la partecipazione di altri artisti all’interno del progetto Plethor X. Tra questi STILL (alias Simone Trabucchi), artista affiliato a PAN che esplora attraverso la ricerca sonora un passato coloniale che collega la sua città natale italiana di Vernasca all’Etiopia e alla Giamaica. In “What U Mean”, STILL contribuisce con la sua rivisitazione del materiale di Plethor X nel brano “Fendika”, al quale aggiunge tensione ritmica con il suo stile dancehall colorato ed energetico.

Altra collaborazione è quella con la già citata Muna Mussie, artista multidisciplinare eritrea con base a Bologna, che con il suo lavoro attraversa la pratica del ricamo, muovendosi tra gesto, visione e parola. Il suo focus è la ricerca sui quei linguaggi artistici che danno forma alla tensione che nasce tra dicotomie espressive: privato e pubblico, memoria e oblio, visibile e invisibile.

Il progetto è arricchito dai remix degli artisti affiliati a OOH-sounds: nobile, Losssy (precedentemente unperson), Glass e WEȽ∝KER. Le loro versioni di ‘Bet’ esplorano ulteriormente il potenziale evocativo della voce di Mussie, esprimendo la natura collettiva di questo progetto.

L’obiettivo dell’intero album è quello di rigettare l’eurocentrismo di cui gli stessi Plethor X si sentono ancora succubi. Quello con l’Europa, infatti, è un ponte che collega l’Africa con un continente indifendibile e  caratterizzato da una natura predatoria, venduta da secoli come ‘civiltà’. In “What U Mean”, Isgrò e Jermay cospirano appunto contro il loro stesso eurocentrismo, rigurgitandolo dall’interno.

Tracklist:

1. Bet (feat. Muna Mussie)
2. Negro
3. What U Mean
4. Fendika (STILL x Plethor X)
5. Kifu
6. Bet (feat. Muna Mussie) – Losssy Remix
7. Bet (feat. Muna Mussie) – nobile Remix
8. Bet (feat. Muna Mussie) – WEȽ∝KER Remix
9. Bet (feat. Muna Mussie) – Glass Remix

L’album si può già ascoltare ed acquistare su Bandcamp a questo link.