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Dj Ralf è uno dei maestri della console – a livello nazionale e non. Abbiamo ripercorso con lui circa 30 anni di carriera, tra amicizie speciali e suoni iconici del suo passato. Il futuro? La risposta è tra funk e jazz.

Una carriera di oltre 30 anni, un’icona come poche all’interno della nightlife italiana: tutto questo, e molto altro, è Dj Ralf. La sua ultima avventura lo vede partecipe assieme l’Orchestra Sinfonica Rossini, ma già in passato Ralf aveva sperimentato la fusione di varie sonorità con l’house. Ha sempre amato sperimentare ma, questa volta, il maestro ha superato sé stesso.

Non dimentichiamoci che Dj Ralf è anche la storia del Cocoricò, assieme al compagno di mille avventure Alex Neri: chi più di figure come quella di Dj Ralf può raccontare i cambiamenti che hanno interessato la club culture? Tra memorie, amicizie e un profondo amore per il suo lavoro, Dj Ralf si racconta a noi guardando al futuro, fatto, ancora una volta, di tanta buona musica.

Ciao Ralf, benvenuto su Parkett! La musica e il mercato negli anni sono cambiati profondamente: ci racconti un po’ dei tuoi inizi?

Io di base sono appassionato di tante cose. Fin da bambino avrei potuto fare diversi mestieri legati alla musica e, sarò sincero, ho sognato di farne di vario tipo. Ho scritto di musica in un giornalino paesano e poi ho cominciato in radio.

Al tempo non era facile approvvigionare di musica, o anche notizie sulla musica, perché non c’era internet e i soldi per i dischi non erano tanti (si doveva risparmiare). La mia fortuna è stata che ho lavorato in una radio che aveva tantissimi dischi e ciò è stato cruciale per la mia formazione musicale.

Dopodiché ho cominciato a fare club con degli amici perché avevo uno stile musicale che non era compatibile con le discoteche del momento. Non era periodo di underground e quel poco che c’era ce lo si costruiva da soli. È stata una bella gavetta.

DJ ralf

Dj Ralf

Quali sono state le tappe fondamentali della tua carriera?

Alcuni fatti fortunati mi hanno portato prima i uno dei locali più importante di Italia che era il Plegine a Firenze. Prima ancora ho fatto una cosa a Roma con I Ragazzi Terribili.

Poi dal Plegine sono stato richiesto prima all Ethos mamaclub e al Matis. Poi c’è stato un anno di stop, ho fatto il Matmos a Milano e poi ho cominciato il Titilla dove ho suonato per oltre 20 anni.

Ministry of Sound

Queste sono le mie tappe fondamentali, ma la cosa più importante è stata suonare all’estero: nel ’92 ho cominciato al Ministry of Sound, vari locali di Londra, in giro per l’Europa (Francia e Spagna). Nel ’92 ho cominciato anche ad Ibiza, e poi sono andato dappertutto nei locali più importanti.

Credo di aver dato molto al Titilla e al ‘Cocco’ così come loro hanno dato moltissimo a me. Ma anche l’Ethos è stato un volano importante per la mia carriera. Ho lavorato in locali talmente famosi che era inevitabile che venissi chiamato in giro per l’Italia e poi all’estero.

Sapresti indicarmi alcuni brani che hanno caratterizzato un po’ il sound delle tue serate?

Sicuramente Octave One “Blackwater è stato un pezzo importante; poi, Notice Me” di Sandée e poi un mio cavallo di battaglia eterno, cioè I Don’t Know What I’d Do (If You Ever Left Me). Devo ammettere che faccio fatica ad associarli ad un periodo specifico (ride, NdR). O ancora Born Slippy” degli Underworld.

I meccanismi dietro le serate e i club sono cambiati notevolmente..

Il passaggio importante sicuramente è stato l’aver creato Bellaciao: un locale che ha cambiato le regole del gioco, proponendo un prezzo basso. Non avevo PR, ma avevo 4 host – così erano chiamati a Londra o a NY le persone che accoglievano gli ospiti. Abbiamo dovuto snellire il meccanismo dei club che c’era, e c’è un po’ ancora oggi.

Dj Ralf

Dj Ralf

È stata una scommessa perché all’inizio non percepivo una grande fiducia da parte di molti però poi alla fine la sfida l’abbiamo vinta. La prima serata è stata di partenza – era di domenica e mi chiedevo come sarebbe andata; nella seconda l’affluenza è stata più corposa; dalla terza in poi è stato sempre in salita (in termini di numeri, NdR).

Ho fatto delle cose bellissime a Miami, come l’apertura del Bar Room, il Liquid. Insomma, ho avuto grandi soddisfazioni.

Dopo tutti questi grandi successi, com’è stato tornare a casa e creare l’Umbria Jazz?

Umbria Jazz è un mio progetto parallelo live con dei grandi musicisti come Gianluca Petrella, Giovanni Guidi e Leonardo Ramadori, con il featuring di Enrico Rava. È stato un po’ alzare l’asticella e forse la prima e la seconda notta di Umbria Jazz sono stati tra i momenti più esaltanti della mia vita.

Dicono che di solito non si è profeti in patria ma io ho fatto una delle cose più importanti della mia vita nella mia città, davanti alle scalette del Duomo dove sono cresciuto.

Commentando il tuo lavoro, hai detto che è in grado di regalare forti emozioni. Immagino ci siano anche tante rinunce dettate dall’essere una sorta di “personaggio pubblico”. Hai mai sentito il peso del personaggio-Ralf?

No direi di non aver mai sentito il peso sociale. Il fatto di essere riconosciuti e il dover anche assecondare la richiesta di contatto per alcuni è stato fastidioso.

Mi sentirei uno stronzo perché alla fine questo è un mestiere in cui la popolarità è scontata e si cerca anche!

Il successo lo si deve riconoscere soprattutto a coloro che ti seguono e che vengono a ballare la tua musica per cui, se per peso sociale intendi questa responsabilità, allora direi di no, non l’ho mai sentita.

Dj Ralf

Dj Ralf

Quando sono venute fuori diatribe sul ruolo sociale del mio mestiere sono stato sempre molto sereno. La responsabilità di quello che succedeva nei club, come il periodo delle stragi del sabato sera, l’ho sempre attribuita all’educazione che hanno ricevuto le persone che frequentavano il locale e non al club stesso.

Quando vedo gente che beve non sto lì a giudicare e se una persona guida dopo aver bevuto non è di certo responsabilità della discoteca ma della sua coscienza.

Alla fine, tutto dipende dall’educazione..

Un’operazione di educazione al rischio deve farla la scuola o la famiglia, non i locali. Viviamo in un’epoca in cui la famiglia a volte non è molto presente, e neanche per colpa sua.

La mia non vuole essere una critica, ma un focus sulla realtà. È ovvio che adesso è consuetudine che in famiglia entrambi i genitori lavorino: nel modo più assoluto, riconosco il diritto delle donne di lavorare, di emanciparsi e di costruirsi una carriera.

È un dato di fatto che a volte un intreccio di cose e di necessità costringa a non dedicarsi alla famiglia e all’educazione. Riconosco però che una carenza di attenzione a volte fa comodo; ripeto, non giudico ma evidenzio semplicemente la realtà.

Dj Ralf

Dj Ralf

È ovvio che la socialità dei giovani adesso è più limitata rispetto a prima perché ora ci sono i pc, i videogiochi o i social media. Ad oggi si cresce quasi in solitudine perché il confronto è indubbiamente più virtuale.

Non voglio essere bacchettone, ma in base alla mia esperienza i bambini e anche gli adulti spesso ti ignorano perché sono presi dai cellulari. Io non ho figli quindi non posso giudicare il comportamento dei genitori di oggi, ma questa è una realtà.

Allo stesso modo però riconosco che un’educazione troppo rigida spesso si dimostra essere controproducente.

Su una cosa però non ho alcun dubbio: il ruolo che deve avere la scuola in tutto ciò! L’educazione civica è fondamentale e credo che dovrebbe essere la materia più insegnata.

Dj Ralf

Dj Ralf

Stiamo lentamente tornando alla normalità dopo un momento epocale della storia dell’uomo. Come hai vissuto la pandemia?

Dall’inizio della pandemia sono sempre stato convinto del suo carattere catastrofico, avrei voluto una minor confusione da parte degli esperti che a volte si contraddicevano.

Posso dire che comprendo le decisioni prese dalla politica in quel periodo però non mi spiego come abbiano fatto Paesi come la Svezia che, senza restrizioni, è riuscita a tenere sotto controllo il numero dei contagi.

Non avendo dati alla mano relativi al contesto globale non mi sento di dover dire all’Italia che abbia sbagliato in qualcosa. Ho comunque una considerazione da fare: i vaccini riducono il rischio di morte e che la malattia esiste; è un dato di fatto! Ho amici che l’hanno avuta e che pensavano di non farcela.

Ti sei sempre esposto sulle questioni riguardanti la clubculture: cosa ne pensi delle norme approvate dal CTS? Personalmente le ritengo frutto di una sostanziale non conoscenza del settore..

Riguardo alle discoteche, nel lockdown era inevitabile tenerle chiuse però critico le piazze e gli stadi pieni di gente in occasione degli Europei. Era appena terminato il lockdown e credo che quegli assembramenti si sarebbero potuti evitare. Ammetto la mia delusione nel vedere che l’ambito delle discoteche non è stato molto considerato.

In più non capisco alcune regole in vigore in occasione delle riaperture delle discoteche: si può stare senza mascherina in pista ma la si dovrebbe mettere al bar. Non ne comprendo la logica di queste dinamiche.

Il problema è che spesso si fa di tutta l’erba un fascio: se uno guarda (veramente) come funziona una serata, capisce che ci sono tutta una serie di dinamiche che probabilmente sfuggono.

L’errore che ha fatto la politica è stato quello di considerare tutti i club uguali tra loro. Non voglio discriminare nessun locale ma, sicuramente, le dinamiche che caratterizzano le varie serate della nostra penisola sono molto diverse a seconda del luogo.

Tra i club non credo ci sia una differenza di qualità piuttosto  una differenza di stile. È chiaro che la legge non può essere in vigore per un locale si e l’altro no, ma è giusto che queste differenze vengano riconosciute. A mio parere ci sono due tipi di mondi della notte: uno, che preferisco, basato sulla cultura o sulla ricerca musicale e, l’altro, incentrato esclusivamente sul puro divertimento.

Non hai mai nascosto il tuo amore per il jazz o per l’hip-hop. Vorrei che spiegassi  a tutti i nostri lettori cosa accomuna la musica di James Brown e quella dei Kraftwerk: insomma, il legame tra elettronica, hip hop e jazz..

I Kraftwerk sono stati fondamentali per la musica da ballo moderna. Tutti i grandi produttori di Detroit mettono i Kraft alla base della loro conoscenza. Poi il funky di James Brown è importantissimo per la musica moderna. Duke Ellington disse che esistono tanti generi, ma solo due tipi di musica: una bella e una brutta. L’house, la techno e la disco sono state sempre permeate da tantissime influenze.

L’house specialmente ad un certo punto aveva tantissime influenze: il jazz, il gospel. La bellezza dell’house è che consiste su una base ritmica prevalentemente composta da una cassa in quarti su cui è stato messo di tutto.

Dj Ralf

Dj Ralf

La musica direi che alla fine è un fenomeno senza tempo. Ascolto pianisti come Paul Bley e poi ascolto il pianismo di Chopin o di Debussy e dico che nonostante siano passati 2 secoli, certe logiche armoniche e melodie non sono molto diverse. Se ascolti le Variazioni Goldberg di Bach si sente moltissimo la sua influenza in quella che è la musica tout-court.

Quando avviene il “cambio di paradigma” a livello musicale?

È ovvio che i cambiamenti epocali della musica non sono avvenuti soltanto dal punto di vista compositivo ma anche dal punto di vista dell’innovazione tecnologica degli strumenti. La musica è cambiata fondamentalmente quando è stato inventato il pianoforte: prima c’era il clavicembalo e poi c’è stato Chopin che, usando il piano e il forte, ha cambiato totalmente la visione delle cose.

Lo stesso potrei dire del campionatore o del sintonizzatore. Quando Robert Moog ha inventato il sintonizzatore si sono avuti dischi di Emerson (Lake & Palmer), i dischi di Battiato, abbiamo sentito quel solo di Premoli su Impressioni di settembre che da ragazzi ci ha mandato letteralmente fuori di testa.

Dj Ralf

Dj Ralf

Questo per dire che la musica house sarebbe stata praticamente impossibile da realizzare senza gli strumenti che ci sono ora: senza la 303 o la 808 e la 909 avremmo avuto molte più limitazioni nella composizione delle ritmiche.

A livello stilistico si fanno delle grandi canzoni ma spesso si rincorrono cose già successe e ciò non è condannabile perché rielaborando in chiave moderna stili del passato è possibile ottenere cose totalmente nuove.

Dj Ralf

Abbiamo parlato di Jazz, abbiamo parlato di influenze musicali e di cambi di paradigma. Mi viene subito da pensare al tuo progetto R.Ha.R.F. Come ti sei approcciato a questa nuova avventura? 

Io ho cominciato a lavorare con il quartetto/quintettoFresco (Leonardo Beccafichi, NdR), fonico ed ingegnere del suono, è ormai parte del gruppo: senza di lui difficilmente potrei fare 16 battute di roba. Sono autonomo dal punto di vista di strumenti: come produttore decido che tipo di suono voglio scegliendolo accuratamente.

Ci sono alcuni strumenti che uso sempre per dare continuità al mio lavoro. Non sono un grande musicista, ma suonicchio un po’ tutto quindi se ho bisogno di un lavoro più corposo chiamo lo strumentista. Tutto il lavoro di programmazione al pc però non so farlo. Se non avessi Fresco non so proprio come farei.

In realtà Fresco mi dà una mano anche nella scelta dei suoni perché con lui ho una telepatia per cui lui capisce subito cosa cambiare senza aspettare che io parli: basta uno sguardo o un cenno.

Dj Ralf

Qual è la formazione attuale?

Fresco è parte del progetto che è cominciato con Giovanni Guidi, Gianluca Petrella e Leonardo Ramadori. Il papà scomparso di Guidi aveva un’agenzia che ancora esiste in cui oltre Giovanni c’era anche Enrico Rava.

Una volta io andai a trovare in camerino Giovanni dopo un suo concerto al quale partecipò anche Rava e, ad un certo punto, lui buttò giù una frase del tipo “ma perché non fai un featuring col il nostro quartetto?” e Rava disse che gli avrebbe fatto piacere. Ricordo la frase divertentissima di Giovanni “ma guarda che noi però suoniamo verso mezzanotte/l’una” e lui disse “vabbè dormirò il pomeriggio!(ride, NdR).

Dj Ralf ed Enrico Rava

Da quella volta lo chiamammo per la terza partecipazione di Umbria Jazz e poi alla prima edizione di Quattro Quarti, che poi rimase unica; era una specie di festival nel festival perché era una giornata dedicata alle contaminazioni del jazz con l’elettronica.

Insieme facemmo il festival Massimo Urbani di Camerino e devo dire che lavorare con lui forse è stato uno dei traguardi più importanti della mia carriera perché io seguo Enrico Rava da quando ho cominciato ad ascoltare il jazz.

Ci sono novità in merito a questo esperimento musicale? Vi esibirete a breve?

Sono diversi anni che il quartetto non sta facendo concerti, anche da prima della pandemia. Abbiamo un sacco di materiale che doveva essere sintetizzato in un album però io sono troppo pigro per farlo, Gianluca e Giovanni sono costantemente in tour.

Leonardo ha la sua formazione con cui esegue sia musica composta da loro che musica percussiva classica. Far le prove e produrre con loro non è facilissimo ma speriamo che nel prossimo futuro si possa riuscire.

Qual è stata la risposta del pubblico a questo tipo di proposta musicale?

Il pubblico ha risposto benissimo alle contaminazioni, infatti, abbiamo fatto diversi concerti anche nel mio club, anche al Jazz:Re:Found.

Il progetto si è evoluto perché all’inizio lavoravamo su basi di altri – mi dava un po’ fastidio sinceramente – ma adesso abbiamo dei pezzi nostri ancora inediti. Quello che ci vorrebbe è farli uscire, così che la gente abbia una certa riconoscibilità.

Dj Ralf

Se R.Ha.R.F ha rappresentato l’incipit sperimentale, hai poi avuto modo di strutturare qualcosa di ancora più complesso con l’Orchestra Sinfonica Rossini..

È stata un’esperienza pazzesca. Adesso abbiamo avuto molte richieste ma in periodo di restrizioni e con capienza ridotta dei locali, diventa difficile gestire i costi.

Ci sono 21 elementi più il direttore d’orchestra, più la mia presenza e tutti gli spostamenti vari: è impossibile scendere al di sotto di una certa cifra. Nel progetto iniziale c’era anche l’idea di avere l’orchestra intera con 50 elementi ma i costi per il momento sarebbero proibitivi.

Alcune richieste, quindi, non sono andate a buon fine a causa della capienza ridotta imposta dal governo. Finché non si ha il locale con capienza intera e con un pubblico che ti permetta di pagarti l’evento, è un po’ complicato.

Come hai vissuto questa collaborazione? Pochi artisti nel mondo hanno avuto la forza di cimentarsi in qualcosa di questo tipo..

Devo essere sincero e mi vergogno quasi a dirlo: appena sono stato contattato da Michele Panzieri a nome del presidente dell’orchestra sinfonica Rossini ho accettato subito per poi ripensarci 3 giorni dopo.

Mi sono tirato indietro perché ebbi una specie di ansia da prestazione a suonare in un’orchestra: i jazzisti dedicano gran parte della performance all’improvvisazione, mentre un’orchestra segue rigidamente gli spartiti.

Sono riuscito a trovare una soluzione scegliendo di seguire un programma simile a quella adottata da altri Dj che rispetto molto e che si basa per l’80% su pezzi miei inediti e del quartetto, 3/4 remix miei e un tributo ad un classico della musica elettronica da ballo – ad esempio Moroder con I Feel Love e poi ho selezionato anche un brano di Rone, che si chiama “Parade”per me importantissimo.

Dj Ralf

Quest’ultimo è un brano quasi trance che si presta molto all’orchestrazione nella versione di Dominik Eulberg. È importante perché è il brano con cui chiusi la prima edizione di Umbria Jazz, ed è rimasto nei ricordi di tantissima gente.

Ho sempre lasciato la gran parte dei pezzi interi, senza toccarli, e il direttore d’orchestra Daniele Rossi con l’arrangiatore si sono occupati del resto. Devo dire che Daniele sarà un punto fermo per quello che mi auguro di fare in futuro, che sia con l’orchestra Rossini o con altre formazioni orchestrali.

Dj Ralf e Daniele Rossi / Orchestra Sinfonica Rossini

Se ti dico Alex Neri.. qual è il primo pensiero che ti viene in mente?

Abbiamo fatto una delle compilation più vendute del nostro genere. Io mi ricordo la grande soddisfazione nel vedere Samurai negli Autogrill. Insieme ci siamo divertiti molto e abbiamo condiviso tante emozioni. Ad un certo punto io e Alex abbiamo avuto un problema di comprensione, ma che poi si è fortunatamente risolto e ora ci sentiamo costantemente.

Mi ricordo serate importantissime a Napoli, i primi tempi di Angels of Love, dei rave pazzeschi una delle prime volte che arrivò in Italia Frankie Knuckles, l’esperienza della Heartbeat. Il gruppo iniziale si è sciolto non perché ci siamo trovati in disaccordo ma per questioni naturali e fino al quel momento secondo me è stata una delle etichette più importanti e noi eravamo a stretto contatto perché abbiamo lavorato insieme per il concept della copertina etc. Il primo brano della mia etichetta Laterra fu Ralfneri fatto negli studi di Alex.

Dj Ralf assieme ad Alex Neri e Claudio Coccoluto

Tu ed Alex Neri avete condiviso la storia in un luogo speciale: il Cocoricò.  DJ Ralf sta al Cocoricò un po’ come Carl Cox sta allo Space di Ibiza. Quanto è cambiato il Cocco durante le varie gestioni?

Io sono stato uno dei 5 resident storici del Cocco – prima del Titilla e poi della piramide. Parlo di “storico” senza alludere a niente di vanaglorioso, semplicemente mi sto riferendo al numero di anni trascorsi lì. I miei ricordi sono di essere stato co-protagonista degli eventi mediatici musicali più importanti di questo Paese, dell’Europa e perfino del mondo.

La gestione ha avuto i suoi alti e bassi e – nell’ultimo periodo soprattutto bassi. Ciò è attribuibile ad una crisi un po’ generale di certi locali grandi, infatti, siamo passati da un punto in cui il locale conteneva 4 o 5 mila persone, al punto in cui non riusciva neanche ad essere riempito di sabato. 10 anni fa il Cocco faceva minimo 3 mila persone con punte di 6 mila nei prefestivi importanti.

I grandi posti con tanta capienza fanno eventi con ospiti importanti in occasioni in cui la gente esce molto, ma in genere non si riempiono tutti i sabati.

Un altro grande personaggio presente nella tua vita è stato Claudio Coccoluto..

Con Claudio, la nostra visione delle cose a volte è stata diametralmente opposta, ma non ha mai inciso sul nostro rapporto. Nell’ultimo periodo della sua vita ci siamo sentiti moltissimo perché sono stato uno dei pochi a sapere ciò che gli stava succedendo. Avrei preferito che questo rapporto più intimo fosse cominciato prima ma devo dire che insieme abbiamo fatto delle cose geniali.

Io e Claudio abbiamo praticamente iniziato insieme e ricordo quando lui venne ad ascoltarmi in un club Matmos di Milano: io avevo una grandissima ansia da prestazione perché sapevo di aver davanti uno che aveva una grandissima capacità tecnica a prescindere dal tipo di musica che proponeva, che poteva piacere o meno.

Dj Ralf assieme a Claudio Coccoluto

Io in quel periodo, invece, potevo essere molto messo in discussione dal punto di vista tecnico. Avere davanti uno che mentre suonava faceva dei cambi perfetti, mi metteva in una condizione tale che alcuni che potevo far bene alla fine gli ho fatti male. Ricordo che gli dissi “non farci caso, non sono sempre così disastroso” (ride, NdR) e lui mi rispose dicendomi che la musica che avevo scelto era bellissima.

Se non considero i periodi di poca frequentazione fisica, quando penso ad Alex e Claudio mi vengono in mente tutte quelle serate passate insieme a ridere in cui ci dicevamo stronzate come i matti.

Dj Ralf assieme ad Alex Neri e Claudio Coccoluto

In una nostra intervista Claudio definiva i Dj come le vestali della musica; in passato, anche tu hai detto qualcosa di simile dicendo che il Dj è prima di tutto un grande appassionato di musica. Cosa significa essere Dj nel 2021?

I dj spesso per suonare in certi locali dovevano sottostare a regole e mettere certe hit. Io non l’ho mai fatto e infatti mi sono fatto i club da solo. Poi pian piano siamo diventate figure che hanno cominciato a proporre musica fin dai tempi della baia, ma era un’esperienza che si faceva solo in un numero ristretto di locali in giro per l’Italia.

C’erano dj che esprimevano la loro visione della musica ed erano influenti per tutti gli altri dj che volevano intraprendere quel tipo di strada. Pian piano il fenomeno si è allargato cioè i dj sono diventati protagonisti e la gente andava nei club non solo per il club, ma soprattutto per ascoltare quel tale dj.

Il lavoro del Dj poi è diventato fondamentale per tantissimi altri generi tanto è vero che tanti dj hanno prodotto dei gruppi pazzeschi. Credo che non sia sbagliata la definizione di club.

Dj Ralf

Questa cosa è stata un fenomeno positivo ma anche controproducente perché ha tolto ad alcuni club la propria identità perché funzionavano soltanto in base agli ospiti che avevano. Ciò li ha resi un po’ schiavi dell’ospite.

C’è stato un periodo nella storia dei club in cui c’è stato secondo me un equilibrio giusto: c’era una grande importanza del club in sé e dei resident, poi il club ogni tanto per fare dei regali al pubblico ma anche a sé stesso (come crescere dal punto di visto di profilo) chiamavano i dj importanti ed influenti ma senza esserne schiavi. Per me bisogna ritornare a quell’equilibrio lì.

Dj Ralf

Dj Ralf

Per concludere: visto che siamo ormai prossimi ad un ritorno nei nostri club, hai già qualche Dj set in programma dove potremo tornare ad ascoltare i suoni di DJ Ralf?

Domanda difficile a cui rispondere. Quello che so è che godo tantissimo a fare il mio lavoro e mi piace farlo. Non so in che modalità lo farò nei prossimi anni, se avrò la stessa voglia di viaggiare che ora ho ma che negli ultimi anni è un po’ calata rispetto a 10 anni fa.

Non ti dico che tribolo eh, perché se tribolassi mi farei il club vicino casa invece continuo a viaggiare. In futuro potrebbero esserci delle svolte del mio lavoro perché magari potrei finalmente dedicarmi un po’ più alle produzioni, cosa che ho sempre fatto in modo limitato per pigrizia.

Per stare in studio devo lavorare su me stesso mentre andare a suonare mi viene naturale e non ci devo lavorare per niente. Sicuramente vorrò dedicarmi molto al mio club qui, vale a dire quello che c’è nella mia città perché mi da soddisfazione.

Dj Ralf

Dj Ralf

Mi piace che la gente se vuole ascoltarti si sposta e viene nel club. Di sicuro sto cercando di essere più selettivo facendo solo cose che mi divertono molto senza giudicare negativamente le cose che rifiuto. Magari ci sono dei posti in cui mi sento più a mio agio a suonare tutto ciò che voglio e altri in cui non mi sento così libero.

Non che non lo faccia ma magari il risultato del mio lavoro non è così esaltante come invece lo è in posti che sono focalizzati su quello che fai al 100%. Per il resto non lo so, ci sono mille possibilità: da continuare a fare esattamente ciò che ho sempre fatto uguale e identico, all’andarmi a godere la vita davanti ad una spiaggia.

Penso che far previsioni a volte non conviene per cui ho fiducia e voglia di futuro come sempre e ciò mi dà l’idea che continuerò a fare quello che ho sempre fatto.

Dj Ralf

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