Riva Starr si confessa alla nostra redazione rilasciando interessanti considerazioni sul suo passato, il suo presente, e su quanto ne sarà di un futuro più o meno prossimo.
Divergendo da una serie di punti chiave, abbiamo percorso un sentiero che fosse indicativo dei tratti fondamentali di questo artista: Riva Starr, quì di seguito,per la vostra curiosità.
Buona lettura.
Sull’elettronica Made In Italy ce ne sarebbero di cose interessanti da dire.
Volessimo operare una specifica indagine che abbia come unico e selezionato perimetro di analisi le terre interne ai nostri confini, ci accorgeremo di quanto, effettivamente, le più influenti realtà italiane, che siano club, etichette o singoli artisti, abbiamo avuto un ruolo dopo tutto non così marginale nella proliferazione del genere, da quando questo, formalmente, iniziò a scavalcare le terre statunitensi.
Sulla scia di quanto è possibile appurare dall’infinito materiale documentaristico disponibile in rete, l’Italia, ha inizializzato ben presto una sua disciplina, fortemente rimarcata sulla matrice tradizionale, ma che godesse di una “verità” propria, un’essenza che fosse motore, nonché identità, dello stesso successo di cui negli anni stava beneficiando; un seguito tra l’altro, coltivato autonomamente, cui la radice americana ha contribuito ma solo indirettamente.
I protagonisti di quell’epoca sono stati moltissimi, tanto che se ne volessimo riportare i meriti avremmo bisogno di una sezione a parte per ognuno di loro, che siano entità fisiche e non. Molto più importante, almeno in questa sede, ribadire chi non tanto ci fosse, neanche chi ci fosse ieri come oggi, quanto piuttosto chi il tricolore continua a tenerlo ben alto su tutti, vivido di una colorata fluorescenza tra le altre bandiere.
In redazione abbiamo avuto il grande piacere di poter scambiare qualche parola proprio con uno di questi, Stefano Miele, ai più sicuramente meglio noto come Riva Starr. Stefano, è uno di quei motivi per cui andare fieri nel panorama dell’elettronica inteso worldwide: imprevedibile, crazy sexy cool, come ha usato appellarlo Fatboy Slim.
I motivi di questa intervista non li ritroverete in una sviolinata, una decantazione dei suoi traguardi, perchè questi sono palesi sotto gli occhi di tutti. Le ragioni risiedono nel tentativo di snocciolare più a fondo, al di là di charts, classifiche e riconoscimenti, le ragioni di un tale planetario successo: quelle ispirazioni “locomotiva”, i singoli ingranaggi elementari di una sofisticata macchina altamente performante.
ITALIAN – ENGLISH
Riva, partiamo dalla prima domanda, qualcosa di “semplice” ma di sicuro interesse per i nostri lettori.
Sei uno di quegli artisti la cui fama ne precede il nome, ma immaginiamo che il punto un cui ti trovi adesso sia stato preceduto da un cammino quanto mai, non azzardiamo a dire arduo, piuttosto, lungo, impegnativo e meritevole di grandissima dedizione. Cosa ti ha spinto ad intraprendere la carriera da Disc Jokey? Ricordi ancora qual è stato il primissimo disco che ti sei portato a casa?
Grazie mille per queste belle parole! La musica mi ha sempre appassionato sin dalla mia più tenera età, ho iniziato prima di tutto come DJ e successivamente solo dopo ho esplorato il campo della produzione musicale. Ricordo che riascoltavo i Live Mix registrati al KISS KISS di Napoli ogni fine settimana sognando di poter fare le stesse cose, all’epoca avrò avuto solo 12 anni.
Il primo disco che acquistai credo sia stato “WALKING” di Jovanotti.
In un’intervista rilasciata qualche hanno fa proprio per una trasmittente italiana, Frankie Knuckles usò vivamente esclamare un concetto tanto semplice quanto di fondamentale solidità.
La sua posizione esortava all’apertura mentale nei confronti di qualunque genere antecedente e parallelo alla formale nascita dell’House Music, un processo di auto-indottrinamento propedeutico, quasi imprescindibile, in virtù di una piena, consapevole e cosciente interiorizzazione di quella cultura di cui poi lui è riconosciuto padre fondatore.
Dalle tue produzioni e dai tuoi DJ sets, si evince come in questo quadro delle cose, una tale consapevolezza avesse già da sempre fatto presa in te.
Il tuo lavoro, sia in studio che davanti il pubblico, è pregno di un contenuto dalla conformazione molto eterogenea, eppure il tutto, secondo uno schema di interpretazione univoco e unidimensionale, è perfettamente coordinato.
Come riesci in questo? Secondo quale quadro logico convogli tutte le influenze da cui sei circondato in un unico canale?
Essendo un “feroce” ascoltatore di qualunque genere musicale, non mi sono mai classificato come un vero e proprio purista (non potrei mai esserlo provenendo da Napoli) quindi suppongo con tutta sicurezza che le mie radici hanno fortemente influenzato la direzione dello stile che poi ho adottato negli anni.
Mi riesce molto naturale convogliare tutte le differenti fonti dando vita a produzioni cariche di energia, reputo inoltre estremamente noioso proporre le stesse cose ricadendo così in una sterile “frequenza piatta”; preferisco al contrario optare per qualche soluzione non convenzionale, anche se so che questo farà cadere dalla sedia qualche sofisticato purista *risata*
…rimanendo in tema, i progetti più celebri, sono forse i re-edit di “The End” e “Burnin”, rispettivamente i The Doors da un lato e i Daft Punk dall’altro, reinterpretazioni che hanno ottenuto una risonanza planetaria.
Non hai sentito una certa pressione nel mentre mettevi mano a due capolavori del genere?
In realtà no, dato che non ho mai avuto intenzione di pubblicarle in rete, erano stati concepiti più che altro come degli “Assi” da sfoggiare in occasioni di set personali. Tuttavia le richieste sono state sempre più numerose e ho così deciso di distribuirle gratuitamente. Ad oggi, il re-edit di The End riceve ancora feedbacks entusiasti.
Parliamo un po’ di Snatch! Records, creatura cui hai dato vita all’incirca sei anni fa.
Quali sono le ragioni che hanno ingegnato in te l’idea di proporre al mercato musicale un prodotto ben più strutturato e complesso di, ad esempio, un “semplice” album e in quali punti riconosci la forza, l’identità e l’unicità di Snatch! Rec? Inoltre, quali sono le difficoltà maggiori che riscontri in quanto owner? Se ne esistono di considerevoli, le riscontri in semplici accortezze burocratiche o sono legate ad un discorso meramente qualitativo-musicale come molti altri lamentano: troppa musica ma troppa poca musica decente?
La scelta di ritrovarsi a gestire un’etichetta discografica, è un’opzione che varia da esperienza ad esperienza: nel mio caso è stata dettata dal desiderio di non avere alcuna restrizione su quanto volessi proporre musicalmente, sentendomi così libero da alcun vincolo. In esperienze passate con altre etichette mi è capitato che mi lasciassero in sospeso per mesi o che mi chiedessero di modificare piccoli dettagli quando io invece non avrei mai voluto. Avere una mia etichetta inoltre, mi consente di dare spazio a giovani producer di cui già ero supporter.
Il lavoro non è iniziato da grandi nomi, ho reclutato prima le giovani leve, è così che ho avuto il tempo di costruire il suono che ne costituisse l’essenza ultima, e non da meno, mi è servito anche a capire come sia opportuno gestire un’etichetta, una mossa dunque particolarmente utile anche per me.
Il lavoro è iniziato ad andare a gonfie vele, abbiamo ricevuto un quantitativo di musica veramente eccellente tanto che al momento sto valutando di lanciarne una seconda.
A proposito di musica e sopratutto “musica decente”; ultimamente hai adocchiato qualche particolare talento, nazionale e non, che vorresti riportare all’attenzione dei nostri lettori?
Ce ne sono veramente tanti, ci terrei a citare gli spagnoli Francisco Allendes, Upercent e Dennis Cruz; per l’Italia invece Paride Saraceni… Mi piace moltissimo tutto quello che fanno!
Più in generale, come reputi lo stato attuale del mercato musicale e cosa secondo te, rispetto quanto promosso dalle labels, sta riscontrando maggiore successo? Più che altro, questa evoluzione, di gusti e di scelte (ammesso che secondo te ve ne sia stata una), rispetta, qualitativamente e quantitativamente, quanto era nel tuo immaginario?
Lo scenario si è sempre diviso in due parti ben distinte l’una dall’altra: quella Mainstream e quella più Underground. Generalmente, i trends più innovativi partivano tutte dalla seconda mentre la prima ne acquisiva i diritti e promuoveva queste idee come materiale da classifica. Questo più di ogni altra cosa declina la fine di un genere, un ciclo che tuttavia non conosce un punto di fine sicché nel frattempo l’Underground è già da tutt’altra parte.
Domanda secca: “If life gives you lemon, make lemonade“, oltre che il titolo di un tuo album, assurge anche a tua massima di vita? Nel mondo della musica, dove, così come nella vita, di limoni se ne prendono tanti, come consiglieresti di applicare un tale mantra?
Dai semplicemente sempre il massimo e divertiti in quello che fai.
Riva è usanza salutarci col nostro ospite lasciando che quest’ultimo ci dia dei preziosissimi consigli per gli ascolti. Non siamo selettivi, va bene qualunque cosa, album o singolo, di qualunque genere, purché sia qualcosa di formidabilmente emozionante per te.
Ti andrebbe di condividere con noi qualcosa dalla tua più intima (e “segreta”) selezione?
Sono innamorato alla follia del nuovo album firmato A TRIBE CALLED QUEST “We Got It From Here”, fortemente raccomandato! Un caloroso saluto.
ENGLISH VERSION
There are so many things to say about the italian electronic music scene since its first beginning.
The most influential realities, such as clubs, labels or single artists and producers, they all have played a central role in the development of this huge industry since it started to climb over the US borders.
Scanning the incredible amount of documentary material available online, Italy gave birth to its own musical discipline wich was extremely close to the traditions of the american pioneers, but at the same time it was a very unique and distinguishable school. That self identity was the enginnering of the consequent success.
Lots of protagonists passed through that era. We would need a separate section in case we may want to give credits to each of them. In this occasion right here, the only thing that matter is to make room to those who are still keeping the italian flag high in the sky: Stefano Miele, better known as Riva Starr, for example, is definitely one of them.
“Crazy, Sexy and Cool” as Fatboy Slim used to describe him, Stefano is one of the reasons to be pride of and we had the luck to exchange a few words with him. Now you will not find the reasons of this interview in an obvious stoytelling of his goals: We went deeper than charts and rankings, exploring from his first point of view Riva’s universe, inspirations and the elementary parts of such a high-performing sophisticated “machine”.
Riva, let’s begin with the first question, something that will catch the attention of our readers.
You’re one of the artists whose fame precedes the name, but we imagine that to the point that you just reached has been achieved after a very long and challenging way. How did everything start? Do you still remember what was the first record that you brought home with you?
Thanks for the nice words. I’ve always been into music since my younger age and i’ve actually started as a dj first and then moved into music production.. i remember myself listening to the live mix from the KISS KISS club in Naples every weekend and i was dreaming about doing the same thing… i was 12!
I think the first record i ever bought was “WALKING” by Jovanotti.
In an interview published from an italian TV station, Frankie Knuckles released an extremely meaningful statement. He exhorted towards an openminded approach towards any kind of musical genre prior and parallel to the formal birth of House Music.
From your works, as a DJ and as a producer, so heterogeneous and mutable, it seems clear that you deeply internalized this awareness. How do you do channel all your influences getting as result a unique final product?
Well, I’m a hungry listener of every kind of music. I’ve never been a purist (how could i be, I’m from Naples!) so I suppose my roots really dictated the direction of my style.
It’s pretty natural for me to mix different influences and create “bastard” productions. I find myself bored when forced to do always the same thing and to keep it flat.. I’d rather go for some unexpected music solutions even though I know that some snobby purists will literally jump from their chairs *laughs*
Some of your most celebrated works are “The End” and “Burnin” re-edits, The Doors on a side and Daft Punk on the other. Did you felt any pressure while you were putting hands on these two masterpieces?
Not really, I never meant to put them online, actually. It was just a special treat for my personal dj sets but then people kept on asking for them, so I decided to give them away for free.. I still receive amazing comments from The Doors edit!
Let’s focus on Snatch! Records for a bit, a label that you gave birth to more or less six months ago. What are the main reasons behind this choice? Moreover, how is it like to be the “owner” and what’s the hardest difficulty you constantly have to face?
I think everyone has got his own experience when it comes to handling a record label. I personally did it because I didn’t want any restrictions from the label about my music.. Sometimes they have been keeping me on hold for months and asking me to change things and I did’t really want to do it. Also having a label gave me the chance to release stuff from young producers that I was really supporting.. I didn’t start with big names. Just young blood. In that way, we had the time to build the sound and the necessary experience to manage a label, and it ended to be a very useful experience to me… This job began to work greatly, we received so much good stuff that I was even thinking about launching a new one.
Talking about “good music”, have you recently scouted some interesting talent to spotlight to our readers?
There are plenty, i think it could be worth a mention Francisco Allendes, Upercent and Dennis Cruz all coming from Spain, Paride Saraceni from Italy… I really love everything they do.
More in general, what is your point of view on the current state of the electronic music market?
There has always been mainstream music and the more underground one.. Usually, good ideas and trends start from the underground, then the mainstream “acquires” the rights and adjusts everything for the charts.. That’s when a genre ends.. But in the meantime the underground has already moved somewhere else!
We would like to know: is it “If life gives you lemons, make lemonade” just an ID of your album or is a kind of Mantra too? Would you like to suggest us a way to foollow this life-philosophy?
Just make the best out of what you have and enjoy it!
At the end of the interview, it’s customary for us to ask at our guest a sort of “advice to the listeners”: do you have something interesting for us?
I am madly in love with the new A TRIBE CALLED QUEST album “We Got It From Here”. Strongly suggested. Ciao!
Riccardo di Marco