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Rone, poliedrico artista francese si racconta sul nostro canale in seguito all’odierna uscita dell’album Les Olympiades, contenente la soundtrack realizzata per l’omonimo film.

Rone è un artista contemporaneo. Il primo aggettivo che mi viene in mente quando penso alla sua musica: Contemporanea. Al servizio di un cinema che guarda ai giganti e maestri del passato con un nuovo modo di raccontare una realtà in continua mutazione.

“Les Olympiades”, che uscirà nelle sale cinematografiche italiane il prossimo 3 marzo racconta una storia giovanile di vita quotidiana, ambientata nell’omonimo quartiere parigino. Scontri, riavvicinamenti, amicizie e sesso immortalati in una pellicola in bianco e nero firmata dal visionario Jacques Audiard.

Le sedici tracce, che usciranno oggi in formato CD ed Lp per InFinè, saranno inoltre candidate alla prossima edizione dei Premi Cèsar nella categoria Migliore Colonna Sonora. Questo riconoscimento è stato già conquistato da Rone lo scorso anno per la pellicola firmata da Frederic Ferrucci “Night Ride”.

Un film che rimane fedele all’estetica del cinema d’autore del pluripremiato (a Cannes e ai BAFTA tra gli altri) regista francese. Per questa storia che si muove sullo sfondo del 13esimo arrondissement parigino, Rone ha costruito una colonna sonora intima e intensa, che scandisce ogni momento dello sviluppo del film in maniera puntuale ed equilibrata.

Un lavoro cucito sui personaggi, musiche che affondano le loro radici nell’interiorità più o meno rivelata dei protagonisti.  Rone riesce perfettamente ad interpretare il nuovo cinema d’autore francese, come aveva già dimostrato precedentemente. Il risultato è organico e vibrante.

Proprio per questo abbiamo voluto approfondire con lui il lavoro dietro la costruzione della colonna sonora di “Les Olympiades” e indagare su come la sua radice musicale elettronica abbia potuto trovare nuova linfa vitale espressiva in ambito cinematografico.

Rone negli ultimi anni, oltre a ritagliarsi una forte ammirazione in ambito cinematografico, ha collezionato dischi di successo tra cui “Tohu Buhu”, “Creatures” e “Mirapolis”. Si è inoltre esibito in alcuni tra i più illustri palcoscenici europei come quelli dei festival Sonar ,Le Nuit Sonores e Mutek e nelle consolle di rinomati club tra cui il Rex di Parigi .

Dal periodo berlinese all’amore per la sua terra nativa, l’attenzione verso le politiche ambientali ed il grande amore per la cinematografia. Questa intervista è un excursus attraverso la variopinta personalità musicale e personale di un uomo che a soli 41 anni ha già raggiunto riconoscimenti e apprezzamenti da gran parte della scena elettronica.

Non associandosi ad un unico genere musicale ma esplorando la musica elettronica e le sue infinite applicazioni in maniera approfondita. Unendo all’aspetto puramente musicale altre espressioni artistiche: da quelle più tradizionali come la danza a campi in evoluzione come quello della realtà virtuale.

Benvenuto su Parkett Channel. È un grande piacere averti come nostro ospite. Vorrei partire dal tuo stato d’animo. Questi due anni di pandemia hanno senza dubbio portato con loro un momento storico ricco di confusione e incertezza. Come hai vissuto questo periodo personalmente e a livello artistico e come stai adesso?

Come tutti gli altri, ho vissuto questo periodo come uno shock. Soprattutto da quando il primo lockdown ha interrotto la serie di eventi legati allo spettacolo “Room With A View” che avrei dovuto mettere in scena con 18 ballerini al Théâtre du Châtelet di Parigi. Poi ho contratto il COVID molto presto. Ma col senno di poi mi sento estremamente fortunato. L’album “Room With A View” è stato pubblicato in questo particolare contesto, e nonostante il fatto che tutta la promozione fosse organizzata a distanza, e che non potevo andare subito in tour, l’album  ha ricevuto un ottimo riscontro.

Ha aiutato a sentirsi meglio durante questo periodo. Poi ho seguito il progetto Rone & Friends, un album in cui ho invitato i cantanti che mi piacevano a mettere la loro voce nella mia musica. Questo album, interamente realizzato a distanza, non era affatto pianificato ed è stato il frutto della reclusione.

Alla fine, Jacques Audiard mi ha chiesto di comporre la colonna sonora del suo film “Les Olympiades”, che mi ha tenuto piuttosto impegnato. Alla fine, è stato un periodo in cui ero iper-creativo e non ho passato un brutto momento. A livello personale, l’isolamento ha evidenziato il desiderio che avevo da tempo di avvicinarmi alla natura e al mare. Ho lasciato Parigi con la mia famiglia per stabilirmi in Bretagna dove ho guadagnato molto in qualità di vita.

 “Les Olympiades” è un film che racconta il tema dello smarrimento e della confusione da sempre tipico dell’età giovanile, ma sicuramente enfatizzato negli ultimi anni dalla costante situazione precaria e da una generazione che vede il mondo cambiare e fluire con una velocità impressionante. Com’è stato l’approccio a questo tema e quanto è difficile tradurre questa sensazione di incertezza in una colonna sonora e nella musica in generale?

All’inizio mi affido maggiormente all’estetica del film, alla sua atmosfera, al suo ritmo. Poi nei miei scambi con Jacques Audiard ho potuto affinare la mia musica tenendo conto dell’interiorità dei personaggi. Jacques ha un lato maniaco del controllo, ma vuole anche essere sorpreso, a volte commosso. Penso che avvicinandosi a me cercasse una musica più spontanea, più intima e che si allontanasse dalla musica classica da film, che a volte è troppo spettacolare.

Le tracce che compongono la colonna sonora seguono perfettamente la trama del film, a volte con un ampio respiro restituito da composizioni orchestrali che accompagnano i momenti poetici all’interno del film, dall’altra le tracce più club che scandiscono invece le scene dal vivo, quelle della giovinezza vissuta. Come hai lavorato per ripristinare un filo comune tra queste tracce e come hai sviluppato il processo compositivo di tutte le tracce del disco, contrastanti tra loro sia a livello sonoro che concettuale?

Fin dall’inizio Jacques Audiard mi ha detto che era interessato ai suoni elettronici, ma che era necessario preservare un carattere organico, non troppo freddo. Ecco perché ho mescolato strumenti elettronici e classici, ho voluto rimanere coerente ampliando la “palette”.

Il cinema di Aquiard, come quello di Frederic Ferrucci, contiene una buona dose di realismo, cattura storie comuni e le fotografa con autenticità. Un cinema figlio del neorealismo, oserei quasi dire che c’è una riscoperta neoverista in chiave contemporanea. Il verismo è un concetto indubbiamente legato storicamente al mondo letterario, e successivamente declinato a livello cinematografico. Nel campo della musica, il concetto di verismo esiste per te e come lo descriveresti?

Per me la musica è una forma espressiva molto personale, una visione intima e soggettiva del mondo. Quindi per definizione non mi sembra verista. A meno che tu non lasci un registratore acceso per un’ora per catturare l’atmosfera intorno a te, o ti addentri nei boschi per registrare gli uccelli sul campo. In realtà non appena metti le dita su una tastiera, ti lasci alle spalle il concetto di verismo.

“Les Olympiades” come dicevo prima è un film che risente sicuramente delle lezioni dei maestri della Nouvelle Vague, nel modo di narrare e interpretare la sceneggiatura, anche a livello sonoro, avvalendosi di specifici compositori che l’hanno pensata abbinata ad un modo di costruire il film, un modo di esprimerlo musicalmente. Ad esempio, Georges Delerue. Pensi o ti interessa l’idea di rappresentare oggi per il cinema francese ciò che Delerue ha rappresentato per il movimento Novelle Vague?

Jacques Audiard mi ha parlato spesso di Eric Rohmer, che è per lui una fonte di ispirazione. Da parte mia, ammiro Georges Delerue, soprattutto per il magnifico “tema di Camille” nella musica del film di Jean-Luc Godard “Le Mépris”.

D’altronde l’idea di associarmi ad un genere particolare non mi interessa, voglio sempre provare a differenziarmi in più cose.

Con la colonna sonora di “Night Ride” di Frederic Ferrucci hai vinto l’ambito Premio Cesar. Qual è l’emozione di ricevere un riconoscimento così importante e la consapevolezza che deriva dall’aver raggiunto un traguardo così importante?

Sono stato molto commosso dal fatto che il mio lavoro sia stato riconosciuto. Concretamente, ha aperto le porte all’industria cinematografica, ho ricevuto non poche proposte dopo questo premio.

Oltre al cinema, la tua musica è influenzata da diverse componenti culturali a livello letterario o artistico. Vorrei sapere quali riferimenti senti a te più vicini in questo momento e quali movimenti pittorici piuttosto che letterari possono rappresentare una fonte di ispirazione.

È vero che prima di intraprendere la musica ho studiato cinema. Oltre al cinema, abbiamo studiato storia dell’arte. Ma non credo di essere influenzato da nessun movimento in particolare, almeno non consapevolmente. Mi vedo più come una spugna che assorbe tutto: film, dipinti, fumetti.Rigurgito tutto in musica. Detto questo, il lavoro di Michel Gondry (che ha fatto la copertina del mio quarto album “Mirapolis”) mi ha sempre affascinato e penso che mi abbia ispirato molto nel modo in cui “fai da te” la mia musica.

Per la realizzazione dell’album “Room with a View” hai realizzato uno spettacolo con il collettivo di danza contemporanea LAHORDE e il Balletto Nazionale di Marsiglia al Théâtre du châtelet di Parigi, presentandolo anche in Italia in occasione della Biennale di Venezia. Quanto pensi che l’atto performativo possa aiutare ad esprimere più direttamente i temi affrontati dalla musica e hai progetti futuri su questa vena performativa?

Lavorare con i ballerini è stata un’esperienza nuova per me. Mi ha costretto ad approcciare la mia musica in modo diverso. Ho composto i primi demo pensando a corpi in movimento, e poi ho guardato le prime prove. Poiché i ballerini sono stati influenzati dai miei demo, sono stato ispirato dai loro movimenti per finire i pezzi.

Volevo evocare il tema del collasso nel mio album, quindi era logico che con (LA)HORDE mantenessimo questa questione al centro della stesura dello show. Attualmente stiamo lavorando a più date dello spettacolo, sia in Francia che all’estero.

“Motion” è stata scelta come colonna sonora del trailer di Greta Thunberg, manifesto della lotta alla crisi climatica e al riscaldamento globale, un tema che ti sta particolarmente a cuore e che hai affrontato anche nello spettacolo di “Room with una vista” . Esibendosi nei club da anni e vivendo appieno l’atmosfera della notte, il tema della sostenibilità è ancora un tabù. Come intendi l’etica del clubbing sostenibile nel tuo modo di pensare e quali sono gli aspetti su cui lavorare per sensibilizzare le persone della notte a questo tema?

È un problema che non può più essere ignorato. Per il mio tour da solista, abbiamo pensato all’impatto ambientale e abbiamo cercato di trovare delle soluzioni. Ad esempio, preferiamo viaggiare in treno ed evitare i viaggi in aereo. Anche la scenografia per questo tour è molto più leggera: prima avevamo bisogno di un grande camion, ora l’intero set sta in un minivan! Inoltre, condividiamo il set con un altro artista, quindi acquistiamo la metà del materiale. Sostengo anche iniziative come Music Declares Emmergency.

E poi con lo spettacolo “Room With A View” abbiamo davvero cercato di far passare un messaggio. Sono convinto che una storia con la danza e la musica possa avere più impatto di un discorso politico che non passa, perché con l’arte si può avere la possibilità di toccare l’animo.

“Quitter La Ville” è stato uno dei primi videoclip realizzati in modalità Realtà Virtuale, offrendo un nuovo tipo di esperienza musicale immersiva. Stai lavorando su questo tipo di esperienza e quali possono essere,nel tuo modo di vedere, i punti di forza e allo stesso tempo le criticità che presenta questa nuova realtà? Non c’è il rischio per te che il potere dell’immaginazione e l’alienazione dalla realtà provocata dalla musica possa essere minato dal progresso di queste tecnologie?

Succede che attualmente sto lavorando a un grande progetto di realtà virtuale! Ne ho avuto paura per molto tempo, e anche oggi a volte lo trovo ancora spaventoso. Ricordo un’immagine particolarmente inquietante di Mark Zurkerberg che cammina lungo il corridoio di un auditorium pieno di persone che indossano visori VR.

Lo strumento esiste e continuerà ad evolversi, è inevitabile. Per me, la sfida è abbracciarlo e riuscire a portare ad un “highjack”. In fondo, la storia si ripete solo: l’arrivo del cinema ha spaventato il teatro, la fotografia ha spaventato la pittura. Eppure nulla è scomparso, ognuno ha trovato il suo posto. Non è tanto il mezzo che conta, ma più il modo in cui viene utilizzato.

Per un periodo della tua vita hai vissuto a Berlino e hai lavorato anche con Luca Mortellaro alias Lucy, nome che ci sta particolarmente a cuore in Parkett. Che ricordi hai di quel periodo e quanto è il Rone di quel passato nel Rone del presente?

In realtà ho incontrato Lucy a Parigi. Entrambi stavamo appena iniziando con la musica e abbiamo passato degli anni fantastici insieme. Abbiamo preso strade separate ma ho ricordi molto forti. in forma. Quanto a Berlino, è stata un’altra bellissima esperienza di vita, come un intermezzo incantato durante il quale ho prodotto il mio secondo album, Tohu Bohu. Da allora mi sono successe tante cose, ma non credo di essere cambiato molto, ho solo acquisito un po’ più di esperienza.

Ultima domanda. Quali sono i progetti nel tuo futuro e quali sono le prossime barriere che vorresti superare, visto che ne hai già superate tante a soli 41 anni?

Ho molti progetti! Presto pubblicherò un nuovo pezzo, accompagnato da un cortometraggio scritto da Spike Jonze e diretto da (LA)HORDE. Non vedo l’ora di esibirmi di nuovo “Room With A View” con il Ballet National de Marseille, ma anche di riprendere il mio tour da solista, o lo spettacolo “L(oo)ping” dove eseguo la mia musica con un’orchestra filarmonica, Ho anche progetti di musica da film. La difficoltà è riuscire a fare tutto questo senza perdermi, fortunatamente sono ben circondato. Ogni progetto è una nuova esperienza che alimenta il progetto successivo. Ho davvero bisogno che le cose accadano, quindi francamente non posso lamentarmi, sono molto fortunato!

 

ENGLISH VERSION

Welcome to Parkett Channel. It’s a great pleasure to have you as our guest. I would like to start from your state of mind. These two years of pandemic have undoubtedly brought with them a historical moment full of confusion and uncertainty. How did you experience this period personally and on an artistic level and how are you now?

Like everyone else, I experienced this period as a shock. Especially since the first lockdown stopped the series of performances of the show “Room With A View” that I was supposed to give with 18 dancers at the Théâtre du Châtelet in Paris. Then I contracted COVID very early on. But in retrospect I feel extremely lucky, the “Room With A View” album was released in this particular context, and despite the fact that all the promotion was organised at a distance, and that I couldn’t immediately go on tour, the album received great feedback.

It helped to feel better during this period. Then I followed up with the Rone & Friends project, an album where I invited singers I like to put their voices on my music. This album, entirely made at a distance, was not at all planned, and the fruit of confinement.

Finally, Jacques Audiard asked me to compose the soundtrack for his film “Les Olympiades”, which kept me quite busy. In the end, it was a period when I was hyper-creative, and I didn’t have such a bad time of it.On a personal level, the confinement highlighted the desire I had had for a long time to get closer to nature and the sea. I left Paris with my family to settle in Brittany where I gained a lot in quality of life.

 “Les Olympiades” is a film that depicts the theme of bewilderment and confusion that has always been typical of the youthful age, but certainly emphasized in recent years by the constant precarious situation and by a generation that sees the world change and flow to a impressive speed. How was the approach to this theme and how difficult is it to translate this feeling of uncertainty into a soundtrack and music in general?

At first I rely more on the aesthetics of the film, its atmosphere, its rhythm… Then in my exchanges with Jacques Audiard I was able to refine my music by taking into account the interiority of the characters. Jacques has a control-freak side, but he also wants to be surprised, sometimes moved. I think that by approaching me, he was looking for a more spontaneous, more intimate music, and one that moves away from classical film music, which is sometimes too spectacular.

The tracks that make up the soundtrack perfectly follow the plot of the film, sometimes with a wide breath returned by orchestral compositions that accompany the poetic moments within the film, on the other hand the more club tracks that instead mark the live scenes , those of youth lived. How did you work to restore a common thread between these tracks and how did you develop the compositional process of all the tracks on the disc, being contrasting with each other both on a sound and conceptual level?

From the beginning, Jacques Audiard told me that he was interested in electronic sounds, but it was necessary to preserve an organic character, not too cold. That’s why I mixed electronic and classical instruments, I wanted to remain coherent while broadening the “palette”.

Aquiard’s cinema, like Frederic Ferrucci’s, contains a good dose of realism, capturing common stories and photographing them with authenticity. A cinema that is the son of neorealism, I would almost dare to say that there is a neo-realist rediscovery in a contemporary key. Realism is a concept undoubtedly linked to the literary world historically, and subsequently declined on a cinematographic level. In the field of music, does the concept of realism exist for you and how would you describe it?

For me music is a very personal form of expression, an intimate and subjective view of the world. So by definition it doesn’t seem realistic to me. Unless you leave a recorder running for an hour to capture the atmosphere around you, or go deep into the woods to do field recording of birds, as soon as you put your fingers on a keyboard, you leave realism behind.

“Les Olympiades” as I said before is a film that is certainly influenced by the lessons of the masters of the Nouvelle Vague, in the way of narrating and interpreting the screenplay, even on a sound level using specific composers who made it combined with a way of building the film, a way of expressing it musically. For example, Georges Delerue. Do you think or are you interested in the idea of representing today for French cinema what Delerue represented for the Novelle Vague movement?

Jacques Audiard has often spoken to me about Eric Rohmer, who is a source of inspiration for him. For my part, I admire Georges Delerue, especially for the magnificent “Camille’s theme” in the music of Jean-Luc Godard’s film “Le Mépris”.

On the other hand, the idea of associating myself with a particular genre does not interest me, I always want to try different things.

With the soundtrack of Frederic Ferrucci’s “Night Ride” you have won the coveted Cesar Award. What is the thrill of receiving such an important recognition and the awareness that comes from having reached such a significant milestone?

I was very touched that my work was recognised. Concretely, it has opened doors in the film industry, I have received quite a few proposals since this award.

In addition to cinema, your music is influenced by different cultural components on a literary or artistic level. I would like to know which references you feel closest to you at this time and which pictorial rather than literary movements can represent a source of inspiration.

It’s true that before starting in music I studied cinema. In addition to film, we studied art history. But I don’t think I’m influenced by any particular movement, at least not consciously. I see myself more as a sponge that absorbs everything: films, paintings, comics… I regurgitate it all in music. Having said that, the work of Michel Gondry (who did the cover of my 4th album “Mirapolis”) has always fascinated me and I think it has inspired me a lot in the way I “DIY” my music.

For the creation of the album “Room with a View” you created a show with the contemporary dance collective LAHORDE and the National Ballet of Marseille at the Théâtre du châtelet in Paris, also presenting it in Italy on the occasion of the Venice Biennale. How much do you think the performative act can help in expressing the themes addressed by the music more directly and do you have future projects on this performative vein?

Working with dancers was a new experience for me. It forced me to approach my music differently. I composed the first demos with bodies in motion in mind, and then watched the first rehearsals. As the dancers were inspired by my demos, I was inspired by their movements to finish the pieces. I wanted to evoke the theme of collapse in my album, so it was logical that with (LA)HORDE we kept this question at the centre of the writing of the show.We are currently working on more performances of the show, both in France and abroad.

“Motion” was chosen as the soundtrack of the trailer by Greta Thunberg, manifesto of the fight against the climate crisis and global warming, a theme that is particularly close to your heart and that you also addressed in the show of “Room with a View” . Performing in clubs for years and fully experiencing the atmosphere of the night, the theme of sustainability is still a taboo. How do you understand the ethics of sustainable clubbing in your concept and what are the aspects to work on to sensitize the people of the night to this issue?

It’s an issue that can no longer be ignored. For my solo tour, we thought about the environmental impact and tried to find solutions. For example, we prefer to travel by train and avoid air travel. The set design for this tour is also much lighter: before we needed a big truck, now the whole set fits in a minivan! What’s more, we share the set with another artist, so we buy half as much material. I also support initiatives such as Music Declares Emmergency.

And then with the “Room With A View” show we really tried to get a message across, I’m convinced that a story with dance and music can have more impact than a political speech that doesn’t get across, because with art you have the chance to touch the affect.

“Quitter La Ville” was one of the first video clips made in Virtual Reality mode, giving a new type of immersive musical experience. Are you working on this type of experience and what can be in your way of seeing the strengths and at the same time the criticalities that this new reality presents? Isn’t there a risk for you that the power of imagination and alienation from reality that music causes could be undermined by the advancement of these technologies?

It just so happens that I am currently working on a big Virtual Reality project! I was afraid of it for a long time, and even today I sometimes still find it frightening. I remember a particularly creepy image of Mark Zurkerberg walking down the aisle of an auditorium full of people wearing VR headsets.

The tool exists and will continue to evolve, it’s inevitable. For me, the challenge is to embrace it and manage to “highjack” it. After all, history only repeats itself: the arrival of cinema frightened the theatre, photography frightened painting… yet nothing has disappeared, each has found its place. It’s not so much the medium that counts, but more the way it’s used.

For a period of your life you lived in Berlin and you also worked with Luca Mortellaro aka Lucy, a name that is particularly dear to us at Parkett. What memories do you have of that period and how much is the Rone of that past in the Rone of the present?

I actually met Lucy in Paris. We were both just starting out in music and we had some great years together. We went our separate ways but I have very strong memories of it. As for Berlin, it was another beautiful life experience, like an enchanted interlude during which I produced my second album, Tohu Bohu. A lot has happened to me since then, but I don’t feel I’ve changed much, I’ve just gained a bit more experience.

Last question. What are the projects in your future and what are the next barriers that you want to overcome, given that you have already overcome a lot of them at just 41 years old?

I have a lot of projects! I’m releasing a new piece soon, accompanied by a short film written by Spike Jonze and directed by (LA)HORDE. I’m also looking forward to performing “Room With A View” again with the Ballet National de Marseille, but also to resume my solo tour, or the show “L(oo)ping” where I perform my music with a philharmonic orchestra, I also have film music projects… The difficulty is to manage to do all this without losing myself, fortunately I’m well surrounded. Each project is a new experience that feeds the next project. I really need things to happen so frankly I can’t complain, I’m very lucky!