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Sasha Carassi è un dj e produttore napoletano di fama internazionale. Qui su PARKETT abbiamo parlato di passione, duro lavoro e obiettivi raggiunti.

Napoletano di origini e artista internazionale, Sasha Carassi è un dj e produttore che negli anni si è distinto per il suo grande lavoro.  Grande amante della musica in generale, si cimenta in giovane età appassionandosi alla musica house per poi virare verso la techno.

La sua carriera vanta produzioni e remix per le migliori etichette e per i migliori artisti della scena internazionale. Per citare alcuni esempi possiamo menzionare Diynamic, Drumcode, Bedrock, Renaissance, Knee e Deep In Sound.

Nel 2009 fonda la sua etichetta Phobiq Recordings, tramite la quale pubblica i suoi lavori e quelli di grandi artisti del panorama techno. Grazie al suo duro lavoro ottiene la stima di molti dj, primo fra tutti Danny Tenaglia, che da sempre lo ha sostenuto e ha creduto nel giovane dj.

L’ultimissimo lavoro discografico, in uscita il 27 gennaio su Upperground è disponibile qui.

Sasha Carassi

Ciao Sasha! Piacere di conoscerti e benvenuto su Parkett!
Vorrei iniziare chiedendoti come stai, ma soprattutto come è andato l’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle?

Ciao a tutti, il piacere è mio! Sono felice di poter dire che sto bene, sono sereno e molto ispirato soprattutto perché l’anno che ci siamo lasciati alle spalle è stato davvero ricco di sorprese e colpi di scena. Diciamo che è cominciato non nel migliore dei modi, portandosi ancora qualche effetto dei due anni precedenti molto duri, per il nostro settore in particolare, ma dalla seconda metà è stato tutto molto più leggero. Dopo un ricco tour estivo, ho ultimato molte cose interessanti dal punto di vista discografico e spero di farvele ascoltare tutte nel corso di quest’anno.

Napoletano di nascita ma cittadino del mondo intero, grazie al tuo duro lavoro sei diventato un artista internazionale. Mi piacerebbe sapere che emozioni hai provato le prime date fuori dai confini italiani.

Ho provato un mix di paura e felicità. La paura di sbagliare o non piacere, paura per la nuova esperienza, poiché speri che la tua passione più grande diventi il mestiere della vita e vuoi a tutti i costi riuscirci, ma allo stesso tempo la felicità di pensare che un piccolo passo lo stai compiendo e che forse i sacrifici fin da adolescente siano serviti a qualcosa. Poi ovviamente c’è l’ansia, quella positiva, che mi accompagna ancora oggi prima di ogni performance, credo che un vero artista debba sempre averne un po’, fa parte del gioco. Se non c’è più quella a mio parere non c’è più passione e quindi sentimento.

Sasha Carassi

Il filone  della “techno napoletana” è una buona parte della musica elettronica italiana in generale. Importanti artisti hanno fatto parte di questa scena e tu sei tra questi. Ma il punto di partenza per te fu l’house music, ci piacerebbe conoscere il percorso che hai intrapreso e come sei arrivato alle sonorità di oggi.

Esatto, ho cominciato dall’house music, quando a 15 anni suonavo al Dinamik Area, il club più importante della zona, dove ho anche avuto il privilegio di ascoltare dei grandissimi artisti, ma come ancora oggi i miei dj sets erano molto eclettici. Nei miei primi dischi infatti si nota una forte influenza breakbeat e proprio negli ultimi giorni riascoltando “Over My Ocean” ho scoperto di fare Indie Dance già vent’anni fa. Sono passato per la techno per un periodo di quasi dieci anni solo per tornare alle origini, probabilmente.

Ametista è il tuo ultimo lavoro discografico. Qual è l’ispirazione dietro questo lavoro discografico?

Ametista, è uno di quei lavori nati durante il lockdown, un periodo in cui probabilmente ho prodotto le cose più intime della mia discografia, un nuovo Sasha, più viscerale e profondo del precedente. La mia intenzione è quella di guidare l’ascoltatore nel mio viaggio, quello percorso durante la produzione con le mie emozioni. “Ametista” è il racconto di ciò che è nascosto dietro il mio aspetto, mostrandomi autentico, con il mio vero potere e i miei sogni.

Sei caratterizzato da una grande etica lavorativa e da un grande impegno, con la nascita della tua etichetta Phobiq Recordings nel 2009 hai spostato la tua attenzione o hai mantenuto dei punti fermi?

Phobiq è nata nel mio periodo più dark, dove ero molto più vicino alla techno, quando la mia release su Drumcode mi ha fatto fare il grande passo per il pubblico internazionale. Il mio scopo era quello di trovare giovani talenti e dargli la possibilità di esprimersi, diciamo che, negli ultimi anni, ho dovuto allontanarmi per lasciare spazio alle mie nuove idee sul percorso musicale da intraprendere, infatti ho creato ILINX, che rispecchia in modo più appropriato la mia nuova direzione, ma ho lasciato phobiq in buone mani, ormai aveva già un’identità e un percorso ben avviato.

Phobiq Recordings

Al giorno d’oggi produrre musica di qualità e soprattutto originale è sempre più difficile, quali sono i consigli che ti senti di poter dare ad un giovane ragazzo che si affaccia al mondo della produzione musicale?

La produzione è il momento in cui puoi davvero mostrare te stesso, senza piani e senza regole, quindi come dico sempre, l’unico consiglio che mi sento di dare è quello di essere se stessi senza soprattutto seguire modelli e stereotipi, dove ti confonderai tra gli altri e perderai la tua identità, ingrediente fondamentale per un vero artista. Il processo creativo non ha fine, dobbiamo solo lasciarci guidare dalle nostre emozioni e soprattutto non pensare di creare qualcosa per la label dei nostri sogni, verrà fuori qualcosa di “artificiale” e non sentito. Abbiate pazienza e prima o poi verrete notati per la vostra musica, non per la copia di quella di altri.

Per concludere, mi piacerebbe chiederti quali sono gli obiettivi futuri che vedi davanti a te, soprattutto in prospettiva di ripresa dopo gli anni difficili che abbiamo passato.

Sarebbe scontato dire che uno degli obiettivi è esibirsi sui più grandi palchi, ma al momento mi piacerebbe molto concretizzare qualcosa di grosso nell’industria discografica, staremo a vedere.


(ENGLISH VERSION)

Hi Sasha! Nice to meet you and welcome to Parkett!

I’d like to start by asking how you’re doing, but more importantly, how was the year we just left behind?

Hello everyone, the pleasure is all mine! I’m happy to say that I’m doing well, I’m calm and very inspired especially because the year we left behind us was really full of surprises and twists. Let’s say that it started off not in the best of ways, still carrying some effects of the previous two very hard years, for our industry in particular, but since the second half everything has been much lighter. After a rich summer tour I have completed a lot of interesting things discographically and I hope to play them all for you later this year.

Neapolitan birth but citizen of the world, thanks to your hard work you have become an international artist. I would like to know what emotions you felt on your first dates outside Italy.

I felt a mix of fear and happiness. Fear of making a mistake or not being liked, fear for the new experience, because you hope that your greatest passion will become your life’s work and you want to succeed at all costs, but at the same time the happiness of thinking that you are taking a small step and that perhaps the sacrifices you have made since you were a teenager have been worthwhile. Then of course there is the anxiety, the positive one, which still accompanies me before every performance, I think a true artist should always have some, it’s part of the game. If there is no longer that in my opinion there is no passion and therefore no feeling.

The ‘Neapolitan techno’ strand is a good part of Italian electronic music in general. Important artists have been part of this scene and you are among them. But the starting point for you was house music, we would like to know the path you took and how you arrived at the sounds of today.

That’s right, I started with house music, when I was 15 years old I was playing at Dinamik Area, the most important club in the area, where I also had the privilege of listening to some great artists, but as still today my DJ sets were very eclectic. In my early records in fact you can hear a strong breakbeat influence and just in the last few days listening again to ‘Over My Ocean’ I discovered that I was already doing Indie Dance 20 years ago. I went through techno for a period of almost ten years only to return to my roots, probably.

“Ametista” is your latest record. What is the inspiration behind this record work?

Ametista is one of those works born during the lockdown, a period when I probably produced the most intimate things in my discography, a new Sasha, more visceral and deeper than the previous one. My intention is to guide the listener through my journey, the one travelled during the production with my emotions. ‘Ametista’ is a tale of what is hidden behind my appearance, showing me as authentic, with my true power and dreams.

You are characterised by a great work ethic and commitment, with the birth of your label Phobiq Recordings in 2009 did you shift your focus or did you keep some fixed points?

Phobiq was born in my darker period, where I was much closer to techno, when my release on Drumcode made me take the plunge for an international audience. My aim was to find young talents and give them a chance to express themselves, let’s say that in the last few years I had to step back to make room for my new ideas on the musical path to take, in fact I created ILINX, which more appropriately reflects my new direction, but I left phobiq in good hands, by then it already had an identity and a well set path.

Nowadays producing quality and above all original music is increasingly difficult, what advice do you feel you can give to a young guy entering the world of music production?

Production is the moment when you can really show yourself, with no plans and no rules, so as I always say, the only advice I can give is to be yourself without above all following models and stereotypes, where you will blend in among others and lose your identity, a fundamental ingredient for a true artist. The creative process has no end, we just have to let ourselves be guided by our emotions and above all do not think we are creating something for the label of our dreams, something ‘artificial’ and unfeeling will come out. Be patient and sooner or later you will be noticed for your music, not for copying others’.

To conclude, I’d like to ask you what future goals you see in front of you, especially with a view to recovery after the difficult years we’ve been through.

It would be a given to say that one of the goals is to perform on the biggest stages, but at the moment I’d really like to materialise something big in the record industry, we’ll see.