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Quali sono i sintetizzatori migliori che possiamo trovare sul mercato?

Qualche tempo fa si è parlato dei 10 sintetizzatori ormai vintage, che sono passati alla storia e sono attualmente nel pantheon del settore (QUI).

E’ un periodo particolare: l’analogico è tornato in grande spolvero e sta schiacciando il digitale per varietà di proposte, anche se il digitale sa difendersi abbastanza bene; stanno rifiorendo versioni aggiornate di vecchi classici come Arp Odyssey, Roland Jupiter-8 e Juno-106, Korg Ms-20.

Stanno tornando in auge i sintetizzatori modulari, un tempo ad appannaggio dei più nerd e che richiedono un approccio quasi scientifico, sempre costosissimi ma molto apprezzati come forma più elevata della sintesi sonora; per contro si fanno largo anche numerosi strumenti di taglia “mini” che si sono rivelati un’operazione vincente in termini di comodità e accessibilità economica.

Volendo quindi ora parlare di nuovi, attuali sintetizzatori hardware e solo di sintetizzatori hardware, quindi escludendo campionatori, drum machine (leggi la nostra guida alle migliori drum machine in circolazione), soft-synth e includendo nella categoria solo quelli classici e al limite sintetizzatori da bassline, eccone alcuni tra i più sfiziosi in più o meno tutte le fasce di prezzo, per chi volesse approcciare per la prima volta o cercasse di ampliare il proprio setup.

ARTURIA MINIBRUTE e MICROBRUTE

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Per la casa francese Arturia è stata in un certo senso una novità quella di introdurre nel mercato sintetizzatori completamente analogici, dato il suo background nell’ambito squisitamente software e nei relativi controller dedicati.

La scommessa si è rivelata assolutamente vincente, perchè assolutamente vincente è la combinazione prezzo-prestazioni-originalità del Brute: è un synth accessibilissimo come prezzo, dato che il Mini si aggira su poco più di 400 euro (in offerta su Amazon) e il Micro su poco più di 300 euro (acquistalo sul sito italiano di Amazon).

Esistono due sintetizzatori alternativi: quello normale (blu) con l’arpeggiatore e il “SE” (argentata) con il sequencer, a seconda dei gusti e delle necessità. Come suono ha una forte inclinazione alla cattiveria, ma del resto il nome avrebbe dovuto suggerircelo.

Ha questa fama grazie ad alcune particolarità nel suo circuito, che lo rendono diverso da qualsiasi altra macchina finora incontrata. Ha un singolo oscillatore che però è in grado di avere simultaneamente comportamento di onda a dente di sega, onda quadra, triangolare, noise e infine può ricevere segnale audio esterno dall’entrata “audio in”.

Ogni forma d’onda è editabile da due parametri nella sezione oscillatore: la dente di sega può essere moltiplicata più volte e spostata di fase ottenendo una più o meno accentuata “hypersaw” (celebre timbro di innumerevoli lead che hanno fatto scuola in tutti i mitici anni ’90), per l’onda quadra è possibile regolare la pulse width, per l’onda triangolare c’è la funzione “metalizer” che permette di ripiegare più volte la forma d’onda conferendo caratteristiche sempre più aspre al timbro.

L’oscillatore passa in un bellissimo filtro Steiner-Parker, può essere modulato da due inviluppi (filtro e oscillatore) e ulteriormente processato in un’ampia sezione LFO. Infine, il tutto può transitare anche attraverso il peculiare “Brute factor”, caratteristica chiave del Minibrute che consiste nel prendere il segnale in uscita e mandarlo nuovamente nel filtro per un ulteriore passaggio in cui saggiare distorsioni armoniche e artefatti davvero interessanti.

La versione Micro, a seconda di come la si vede, può essere apprezzata di più o di meno rispetto alla Mini, in quanto decisamente più piccola e portatile ma parimenti interessante.

E’ vero che nel Micro la sezione oscillatore non ha il noise, nè si può selezionare l’ottava della sub-osc, e i parametri sono ridotti a uno per ogni forma d’onda, ma tutto ciò è largamente compensato da una piccola ma flessibile “mod matrix” in cui come nei sintetizzatori modulari è possibile “patchare” (tramite mini-jack) l’inviluppo e la LFO con una varietà di target.

E’ tutto hardware ma esiste un software dedicato per le poche funzioni non visibili direttamente, come l’assegnazione del canale midi e la curva di risposta di aftertouch dei tasti.

KORG MINILOGUE

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E’ stato uno dei momenti salienti del NAMM 2016 ed è già un classico tra i sintetizzatori. Esteticamente è a dir poco stupendo, con il suo elegante chassis argentato e lievemente curvo, il pannello posteriore in legno, nonchè l’inedito e molto utile schermo con oscilloscopio, che permette di visualizzare direttamente quando siamo vicini a desiderate risonanze o forme d’onda particolari, riportando anche in tempo reale i valori dei parametri mentre si muovono i pomelli.

Anche questo synth, schermo a parte, è tutto analogico e presenta una grande flessibilità di sound design. Quattro voci e otto modalità di organizzarle: polifonia, duofonia, monofonia, unisono, accordo, sidechain, modalità delay e modalità arpeggiatore, tutte direttamente accessibli e intercambiabili con un pulsante, caratteristica che nella performance live è di fondamentale importanza.

Due oscillatori mixabili e sincronizzabili o meno a proprio piacimento, modulabili tramite modulazione incrociata (Cross modulation) o ad anello (Ring modulation); naturalmente i classici quattro comportamenti di filtro, inviluppi, LFO di varie forme e assegnabile a vari target. Infine abbiamo anche un delay incorporato di una certa flessiblità, in quanto può essere posto pre- o post-filtro (o anche venire bypassato), dotato a sua volta di un filtro passa alti per eventualmente “pulire” il suono che viene rimbalzato, ma ad oggi abbiamo più volte sentito criticare il fatto che sia un delay piuttosto corto, anche quando è al massimo del suo time, e quindi non permette le enormità pink-floydiane in cui ci si potrebbe trastullare nel caso dei delay molto lunghi.

Questa forse è l’unica pecca che gli si può attribuire, avendo addirittura passato il rigidissimo test dei tasti, che comunque non sono nè come quelli regolamentari, nè piccoli come i tanto odiati mini-tasti.

Quanto a sonorità, detiene la tipica universalità dei sintetizzatori Korg: può essere cattivissimo o morbidissimo, sottilissimo o pienissimo, diretto o articolato, secco o arioso, e le possibilità sono innumerevoli, dato anche il sequencer polifonico a 16 step che permette la costruzione di brevi frasi in cui è possibile salvare la motion sequence di massimo quattro parametri, ed eventualmente editare (con i dovuti limiti per quanto riguarda la motion sequence) in un secondo momento la sequenza.

Se andiamo sul retro vediamo una quantità di connessioni, a cominciare dalle immancabili cuffie, un’entrata audio in mono, midi in e out, nonchè sync in e out come nei modulari o nelle macchine Volca, e infine la possibilità di collegare via USB il synth al computer.

KORG VOLCA BASS

La riuscitissima Volca Bass viene spesso definita in maniera dispregiativa “scatoletta” da quei puristi-a-tutti-i-costi che ritengono un sintetizzatore valido solo se costa come uno stipendio ed è grande quanto mezzo tavolo da pranzo. Ma la Volca Bass è Davide e costoro sono Golia.

Siamo pronti a scommettere che tra una ventina d’anni la Volca Bass sarà idolatrata e venduta a prezzi pornografici come avviene oggi per la TB-303, a suo tempo anche lei poco più che scatoletta per poveri: ora viene venduta ad un prezzo accessibilissimo per tutte le tasche, 144 euro su Amazon.

Il minuscolo ma prepotente sintetizzatore in questione ha un essenziale pannello dotato di midi in (solo in), sync in e out, uscita cuffie mini-jack che purtroppo è l’unica uscita a disposizione, e accanto alle connessioni abbiamo un generatore di inviluppo.

Spazia lungo sei ottave di estensione, è dotato di un filtro che quanto portato all’estremo con il peak al massimo strilla come un demonio, ed ha una essenziale LFO triangolare o quadra assegnabile al volume, al pitch o al filtro. Una particolarità risiede nella funzione segreta (cioè non scritta nel manuale) per la quale tenendo premuto il tasto “function” e muovendo il pomello del “rate” si può sincronizzare la LFO a multipli e divisori del tempo vedendo sul piccolo schermo il valore impostato.

Abbiamo un bellissimo step sequencer a 16 step di grande versatilità, dato che permette di staccare o legare note successive o tagliare singole note o porzioni di sequenza al volo.

Se ancora non vi basta, la sezione oscillatore forse è quella che detiene il vero bacino di potenzialità, in quanto gli oscillatori che generano il suono sono ben tre, a dente di sega o ad onda quadra, e le melodie possono essere suonate da suddetti oscillatori raggruppati tutti e tre come un’unica entità, oppure come due uniti più uno singolo, o come tre voci separate.

E il bello è che è anche possibile scrivere frasi con il sequencer programmando un oscillatore per volta che si comporterà indipendentemente dagli altri due, e potrà essere spento o acceso come e quando si vuole, per cui premendo play potremmo in tal caso giocare con la sovrapposizione delle tre sequenze.

Ottima è anche la possibilità di intonare singolarmente i tre oscillatori, e sullo schermo è possibile vedere l’entità dell’intonazione, che varia nell’ordine dei centesimi fino a 50 (un quarto di tono) nella prima parte della sua escursione, iniziando poi a variare di semitono in semitono nella parte finale della corsa, sia a salire che a scendere.

Questo permette ad esempio un bel suono “fat” quando si detunano di pochi centesimi gli oscillatori raggruppati, ottenendo ad esempio una soddisfacente “hypersaw“, o di fare anche dei veri e propri accordi impostando una precisa nota a ognuno dei tre. Non male per una creatura da circa 140 euro.

Un’ultima nota riguardo all’alimentazione: questa serie può supportare l’uso di un alimentatore 9V, ma alcuni utenti riportano un noise di fondo che invece non viene percepito quando la macchina è alimentata a batterie. L’emivita media delle sei batterie è di circa dieci ore e può essere impostato un timer che spenga la macchina automaticamente se la si dovesse dimenticare accesa. Il rapporto qualità-prezzo lo rendono uno dei migliori sintetizzatori.

ROLAND BOUTIQUE

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La migliore risposta alle Volca non poteva che provenire dalla Roland, che ha sfornato anche essa tre creature minuscole ma molto rispettabili, che emulano tre figure storiche nel panorama Roland quali il Jupiter-8, il Juno-106 e il Jx-3p. I corrispettivi Boutique, stavolta interamente digitali, si chiamano JP-08, JU-06 e JX-03.

I tre sintetizzatori possono essere acquistati come rack, con pulsanti e pomelli che sfidano veramente la compatibilità con la dimensione media della mano umana. Tutto decisamente lillipuziano, il chè asseconda molto la tendenza generale di questi anni, all’insegna di sintetizzatori di grande portatilità e maneggevolezza. Va detto che la polifonia di queste nuove macchine si limita a quattro voci rispetto alle sei originali (otto nel caso dello Jupiter-8), ma è altresì possibile utilizzare in modalità “chain” due Boutique identiche per arrivare alle tanto agognate otto voci, sempre se dovessero servire.

Vorremmo soffermarci in particolare sul JU-06 8 (venduto a 354 euro), dotato di un singolo oscillatore digitale che può avere contemporaneamente più forme d’onda: quadra con possibilità di variare la simmetria (pulse width) o a dente di sega, più eventualmente un sub-oscillatore o addirittura solo la componente noise che può essere utilizzata come sorgente vera e propria qualora si volesse tenere spento l’oscillatore.

Abbiamo poi una LFO, un filtro passa-basso risonante, un amplificatore, e alla fine del circuito un filtro passa-alto statico, cioè che permette di intervenire sulla sola frequenza di taglio.

Abbiamo anche un generatore di inviluppo e ben due Chorus, che replicano il rumoroso ma bellissimo Chorus del Juno-106 e che conferiscono una spettacolare tridimensionalità al timbro che si va modellando, anche per compensare il fatto che l’oscillatore è singolo e più tanto non potrebbe da solo articolarsi come si articola quando si sovrappone ad altri più o meno “detunati” rispetto al primo.

Sulla sinistra abbiamo due ribbon che fungono e sostituiscono le classiche “mod wheel“. Degna di nota è la frequenza massima possibile che la LFO può raggiungere, un’oscillazione talmente veloce che può arrivare a partecipare direttamente alle caratteristiche timbriche modificando la natura del suono che si sta creando.

Il JX-03 (venduto a 354 euro) presenta invece due oscillatori digitali, più ricchi e complessi quanto a possibilità di forma d’onda selezionabile, più un’eventuale componente di rumore rosa o bianco, che vanno tutti a finire in due filtri in serie analoghi a quelli del JU-06 e infine in un Chorus. Il punto di forza del JX-03 ci è parso essere l’ampia possibilità di modulazione tra i due oscillatori in termini di frequenza, tramite un’interazione a base di modulazione incrociata e ad anello molto flessibili.

Chiude la ‘triade’ di questi sintetizzatori Boutique il JP-08 (sul mercato a 430 euro): presenta un pannello più ricco di comandi e la cosa si complica, viste le dimensioni necessarie a farli stare tutti in poco spazio.

Anche qui abbiamo due oscillatori, il primo in cui il piedaggio si imposta in modo classico e il secondo che si muove per semitoni e può essere detunato in maniera più o meno fine rispetto al primo. Anche qui due filtri come nelle macchine precedenti, chorus, e ben due inviluppi, uno di amplificazione e uno di filtraggio.

I tre sintetizzatori Boutique sono dotati di step sequencer a 16 step, dotati dello stesso tipo di funzione “active step” vista per le Volca e con le cui sequenze è possibile giocare in tempo reale in quanto rispondono a ogni variazione che si ha muovendo i comandi del synth.

ELEKTRON ANALOG FOUR

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Il nome dice “analogico” ma in realtà di analogico ci sono solo gli oscillatori e i filtri, mentre il resto della macchina è completamente digitale e anche di gran complessità, ma una tra le più interessanti tra i sintetizzatori che possiamo trovare sul mercato.

Anche qui siamo di fronte ad uno dei migliori b: è dotato di sequencer, stavolta a 64 step e per di più anche piuttosto avanzato, vista la peculiarità Elektron della cosiddetta funzione “parameter lock“, che consente di avere valori specifici per ogni parametro per ognuno degli step del sequencer, effetti compresi, il chè aumenta notevolmente la variabilità e il grado di dettaglio raggiungibile nel sound design come anche nella fase di arrangiamento.

Nel sequencer è possibile andare a stratificare fino a quattro strumenti che possono comprendere anche suoni percussivi come kick e hihats.

Notevole è la possibilità di andare a mappare a proprio piacimento i dieci knob presenti in alto a destra sul pannello, per una customizzazione del tutto personale dei comandi. Non solo, ci si può spostare con un semplice tasto in modalità performance per andare a intervenire sui vari suoni stratificati mentre la sequenza scorre.

La macchina è dotata di due oscillatori e due sub-oscillatori più un generatore di noise, due filtri, un comodo circuito di overdrive, più effetti quali riverbero, delay e chorus. E’ fornita di un’enorme capacità di storage, dal momento che è possibile salvare in memoria fino a 128 progetti, 128 pattern per progetto, 16 song per progetto e 4096 suoni in totale.

Esiste anche una sorella dell’Analog Four chiamata Analog Keys, che altro non è che il motore della prima trapiantato su uno chassis dotato di tastiera a trentasette tasti. Entrambi ottimi sintetizzatori.

SEQUENTIAL CIRCUITS PROPHET-6

Il mercato attuale dei sintetizzatori è popolato anche da titani che non vogliono rimanere relegati nel passato, ma vogliono tornare a ruggire anche in tempi odierni. Il Prophet-6 è l’avverarsi di un terrificante ritorno, come se fosse stato appunto profetizzato tanto tempo fa e il futuro tanto lontano è improvvisamente divenuto presente: erede e tributo “vivente” al leggendario synth Prophet-5 di fine anni ’70.

Completamente analogico, polifonico a sei voci, elegantissimo e con una plancia di comandi “one-knob-per-function” che è un piacere anche solo guardare. Era un’eternità che non si vedeva in giro la targhetta Sequential Circuits, brand antecedente alla Dave Smith Instruments ma creatura dello stesso proprietario.

Quindi polifonico ma è possibile impostarlo in modalità monofonica “unison” che può contenere fino a tutte e sei le voci. Ogni voce è generata da due oscillatori, miscelabili a piacimento e di varie forme d’onda: quadra regolabile, triangolare, a dente di sega, che sfociano l’una nell’altra in un unico continuum dove è possibile selezionare anche forme intermedie, più una sorgente di rumore bianco.

Due filtri di grande complessità, generatore di inviluppo per l’oscillatore e per il filtro, sub-oscillatore aggiuntivo di supporto al primo, sezione effetti con vari tipi di riverbero, delay sincronizzabile, chorus e phase shifter, sequencer polifonico a 64 step, larga memoria con spazio per cinquecento preset di fabbrica e cinquecento personalizzati, e naturalmente una piacevolissima tastiera a quattro ottave nella versione classica – perchè esiste anche la versione solo rack priva di tastiera.

Si potrebbe pensare che non ha chissà quale funzionalità peculiare, mai vista prima, che lo rende unico nel suo genere. Eppure la sua forza è proprio questa: è un sintetizzatore classico, che fa parlare di sè grazie alla qualità della sua componentistica e dell’eccellente fattura di ogni sua sezione.

Ogni sua parte è estremamente curata, con un suo carattere, veramente come non se ne trovano in altri strumenti, senza niente lasciato al caso, niente è “qualsiasi” in questo grande, grandissimo synth, considerato uno dei migliori sintetizzatori sul mercato.

MOOG MOTHER 32

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Nonostante ad oggi molti eccellenti sintetizzatori della casa più famosa al mondo sono fuori produzione (l’ultimo ad essere finito in questa triste categoria è il potentissimo Moog Voyager), c’è sempre motivo per gioire perchè l’ultimo capolavoro venuto alla luce si chiama Mother32.

E’ un sintetizzatore table top, cioè senza tastiera, dall’elegante aspetto con scocca in alluminio nero e i pomelli in puro stile Moog, munito immancabilmente dei tanto amati fianchetti in legno ai lati. Viene venduto a circa 700 euro sul sito italiano di Amazon.

Rigorosamente analogico, ha la gran comodità di avere anche lui un pannello “one-knob-per-function” e una gran bella patch bay a trentadue punti dal sapore modulare, il chè proietta subito la macchina tra la strumentazione di livello avanzato. In realtà è bene precisare che il Mother32 è un semi-modulare, vale a dire che permette una certa capacità di sintesi anche senza utilizzare la patch bay, pur con i dovuti limiti, dato che le vere potenzialità espressive emergono proprio nel momento in cui ci si avventura a sperimentare con tale sezione.

Qui diviene infatti possibile avvalersi della conversione Midi/CV, dato anche che il Mother32 ha un entrata midi (solo in), accoppiare un’altra macchina per raddoppiare le possibilità, sincronizzando un secondo oscillatore nel momento in cui si fa entrare segnale audio e mixando attraverso crossfade tra le due forme d’onda, espandendo il tutto.

Già, perchè anche Moog ha fiutato la riuscita commerciale del dare la possiblità di concatenare più macchine uguali per potenziarne la resa totale. In rete si trovano infatti molti appassionati che ne hanno collegati due o addirittura tre, montandoli comodamente su appositi supporti vendibili separatamente, e si ritrovano con un gran sistema in cui ogni oscillatore (a dente di sega o pulsativa) può essere modellato individualmente, ed eventualmente utilizzando anche il generatore di rumore. L’unico appunto che si potrebbe fare è nel fatto che il Mother 32 ha un solo oscillatore, e nonostante si possano in qualche modo miscelare le due forme d’onda, con un solo oscillatore vanno a mancare tutta una serie di complessità possibili di interazione che si ha quando se ne usano due. Ad ogni modo il Mother 32 ha comunque la possibilità di ricevere segnale esterno che può essere processato insieme al suono da lui generato.

Il tutto è modulabile da due filtri (passa-alto e passa-basso) con pendenza a 24 dB/ottava che sfruttano una tecnologia transistor ladder proprietaria. L’inviluppo è attack-decay con possibilità di accendere o spegnere il sustain. Infine abbiamo anche uno step sequencer a trentadue step, caratteristica che insieme ai trentadue punti della patch bay conferisce il nome al synth, e ben sessantaquattro locazioni di memoria per salvare le sequenze. Tra i sintetizzatori è uno dei più interessanti.

WALDORF BLOFELD

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Un po’ più underground ma largamente apprezzato, abbiamo questo sobrio oggetto che si fa bandiera della sintesi FM. Come ci si poteva facilmente aspettare, i pochi comandi fisici lasciano intuire un sistema basato sui sotto-menu, tipico di una generazione di sintetizzatori digitali che se da un lato comporta grande compattezza e un aspetto “asciutto”, da un altro risulta difficoltoso da programmare, specialmente quando si tratta di sintesi a modulazione di frequenza, figuriamoci per la performance dal vivo.

Ma a parte questa unica nota dolente, siamo di fronte a un accessibilissimo sintetizzatore di fascia bassa (viene venduto a 380 euro) ma dalle notevoli prestazioni che si può trovare in livrea bianca o nera, in versione rack o con tastiera, e di grande versatilità espressiva.

Forse è proprio il rapporto prestazioni-prezzo ad averci indotto ad inserirlo in questa lista, oltre all’inconsueto tipo di sintesi che offre.

A livello di programmazione è ricchissimo, un’abbondanza esagerata, data la possibilità di avere tre oscillatori, due filtri, tre LFO e addirittura quattro inviluppi per ogni voce. Inoltre come già accennato è possibile modulare in frequenza gli oscillatori tra loro e le forme d’onda possono essere molto complesse data la tecnologia wavetable.

Anche l’arpeggiatore si distingue, dato che è possibile articolarlo in veri e propri pattern da ben sedici step. Non solo quindi si fa notare per la complessità, ma anche per l’originalità.

KORG MICROKORG / MICROKORG XL

A dire la verità, il Microkorg comincia ad avere i suoi anni, anche se se li porta alla grande ed è ancora in commercio, pur convivendo con versioni aggiornate e rinfrescate quali il Microkorg XL e l’XL+.

E’ tra i sentitizzatori che potremmo definire ‘classici’, molto apprezzato e utilizzato a suo tempo da molti big come Prodigy, Air, Royksopp, Jean-Michel Jarre e altri.

Ha un aspetto singolare, molto old school, color oro opaco, con scritte bianche e verdi e fianchetti in legno. E’ il fratello maggiore del Microkorg XL, con cui però condivide non molto più che il nome, le dimensioni, e approssimativamente le due manopole centrali in cui sono organizzati i suoni per genere e tipo di strumento.

Infatti il primo sfrutta il motore del mitico Korg MS2000, mentre l’XL impiega quello del più moderno Radias, che è completamente diverso. Ad ogni modo il piccolo synth in questione è un virtual analog molto potente, anche se lievemente ridimensionato rispetto all’MS2000 da cui proviene.

Presenta due oscillatori e una grande varietà di interazione tra questi, in quanto le forme d’onda del primo possono essere triangolare, sinusoidale, a dente di sega, formant (che porta le fondamentali della voce umana), rumore bianco e una varietà (sessantaquattro, per l’esattezza) di forme d’onda digitali frutto di sintesi additiva; il secondo oscillatore “si limita” a forma triangolare, quadra o a dente di sega, ma può interagire col primo sincronizzandovisi, detunandosi, o tramite comportamenti di modulazione incrociata o ad anello.

Inoltre il Microkorg (acquistabile ad un prezzo che si aggira intorno ai 320 euro) riceve segnale audio esterno che comportandosi come primo oscillatore può essere alterato dal secondo nei modi di cui sopra. Come sezione effetti abbiamo flanger, phaser, ensemble e delay digitale.

La polifonia è fino a quattro voci e ogni suono, che la macchina chiama “timbro” può essere stratificato insieme ad un altro, per cui in caso di layering gli oscillatori arrivano a essere di fatto quattro. Inoltre sono presenti due LFO con sei forme diverse e un vocoder a otto bande. A differennza dell’XL, il Microkorg ha il midi thru, differenza di non poco conto, ma a questa mancanza l’XL risponde con la connettività USB, la quale permette di interfacciarsi al pc e utilizzare l’utilissimo editor (gratuito, scaricabile dal sito ufficiale) per creare più comodamente le proprie patch, nonchè di adoperare un interfacciamento midi-USB.

L’XL presenta un pannello di comandi estremamente essenziale, forse anche più minimale del Waldorf Blofeld, per cui con quattro pomelli si naviga per sottomenu dove si troverà un vero oceano di funzioni. Oceano di funzioni che rendono l’XL forse ancora più versatile del fratello maggiore, e credeteci quando vi diciamo che sono davvero tante, talmente numerose che vi stupireste di come possano stare in un oggetto così piccolo e leggero.

Innanzitutto gli effetti sono molti di più e ogni timbro può averne due tra flanger, phaser, riverbero, tape echo, due tipi di delay, tremolo, vibrato, granulizer, decimator, distorsione. Inoltre introduce due ulteriori modalità di modulazione tra gli oscillatori, quali la modulazione di fase e la unison, e oltre al layering di due timbri ora è anche possibile splittare la tastiera in due per avere due suoni diversi a sinistra e a destra della sua estensione, o scegliere se si vuole suonare in modalità polifonica (ora salita a otto voci) o monofonica.

Anche il vocoder è potenziato in quanto presenta a differenza del predecessore un microfono con ingresso XLR e sedici bande come l’MS2000. Notevole è anche la sezione Waveshaper, davvero rara nei sintetizzatori hardware, dove si può ulteriormente editare il suono in una quantità di modi, come distorcere, decimare, o anche aggiungere un sub-oscillatore di varie forme d’onda. Peccato solo che nell’XL non è più possibile modificare direttamente dai pulsanti la piccola sequenza ad otto step dell’arpeggiatore, cosa che nella performance live può rivelarsi molto divertente. In ogni caso, nonostante le dimensioni e l’apparente innocenza, è un vero portento. Rapporto prezzo-prestazioni spaventoso, ancora più del Waldorf Blofeld.

Se siete appassionati al mondo delle produzione musicale, non perdetevi il nostro articolo alle migliori drum machine in commercio e i più interessanti effetti per chitarra che potete utilizzare per le vostre produzioni.

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Paolo Castelluccio