Chi segue il profilo ufficiale Twitter di Four Tet avrà notato alcuni post consecutivi, pubblicati ieri sera intorno alla mezzanotte ora italiana, in cui il musicista inglese si sfoga condividendo alcune sue tribolazioni con il nuovo approccio di SoundCloud nei confronti del materiale protetto da copyright e sulla facoltà di monetizzare con la musica caricata sul portale (del cui giro di vite si è discusso ampiamente, alcuni esempi qui , qui e qui).
.@SoundCloud is adding content to my page against my wishes so they can monetize. I don’t get to curate my own account that I pay for now.
— Four Tet (@FourTet) 6 giugno 2016
Tradotto: “SoundCloud sta aggiungendo contenuti sulla mia pagina contro la mia volontà per monetizzare. Praticamente ora non posso curare il mio account, per cui pago.” Non specifica quali sarebbero questi contenuti, ma lo si vede visibilmente infastidito anche in altri post, appena precedenti e appena successivi a quello, in cui apostrofa l’azienda berlinese ed esprime tutta la sua delusione. Sempre intorno a quell’ora vediamo anche diversi tentativi di condividere un brano di cui aveva curato il remix e poi bloccato in quanto (in automatico) sarebbe stato rilevato materiale coperto da coyright che, secondo SoundCloud o le major che ora lo controllano, Four Tet non avrebbe diritto a condividere.
Nei commenti al tweet in questione troviamo anche l’intervento di uno sconsolato Gold Panda che, prendendo le difese di Four Tet, si chiede se non sia meglio a questo punto cancellare i propri contenuti e utilizzare altre piattaforme. Leggiamo anche che Four Tet non è stato il solo a scontrarsi contro la difficoltà di condividere remix, possibilità che il gruppo Universal Music in diversi casi ha negato ritenendo che su tali remix i diretti interessati non avrebbero avuto i diritti necessari.
Non è il primo caso e non sarò probabilmente l’ultimo, ma sempre più artisti sentono il bisogno di vedersi garantite le possibilità di diffusione musicale che un tempo avevano su SoundCloud, ma con pari visibilità, migrando su altre piattaforme.
Paolo Castelluccio