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Questa mattina ci siamo imbattuti in un episodio che definiremmo piuttosto curioso che riguarda Soundreef.

La pagina Facebook di Soundreef ci fa notare cosa è successo con gli algoritmi di ricerca di Google, postando uno screenshot che riporta la seguente didascalia: “Digita Soundreef su Google e il primo risultato (a pagamento) è il sito di SIAE. Curiosa scelta quella di SIAE di utilizzare il nome di Soundreef per farsi pubblicità su Google AdWords. ‘Da 134 anni Autori ed Editori Italiani, senza distinzione’ riporta il risultato della ricerca. In effetti qualche distinzione tra Soundreef e SIAE andrebbe fatta. Almeno lo stile è decisamente diverso.”

Il post riporta uno screenshot in cui si vede appunto la schermata Google con il sito web della SIAE per primo, contrassegnato dal bollino “Ad” e subito sotto la pagina ufficiale Soundreef.

Scorrendo i commenti abbiamo scoperto che qualche tempo addietro era avvenuta la stessa cosa con Patamù, altra realtà che sta in questi anni trovando spazio come alternativa, almeno parziale (per ora, ma non per sempre), al servizio offerto da SIAE.

Con una vena di irritazione neanche troppo velata, Soundreef solleva una questione di fair play tra concorrenti, ed è proprio il caso di chiamarli così, perchè in questi ultimi mesi anche l’Italia sta scoprendo che può esistere una via diversa e forse più aggiornata rispetto al monopolio sulla gestione dei diritti d’autore.

Esiste una direttiva, chiamata direttiva Barnier e già in vigore nell’Unione Europea, che aprirebbe le porte ad eventuali realtà concorrenti. Su quest’onda sta prendendo piede la popolarità di Soundreef che propone la sua ricetta per la gestione delle royalties.

Mossa da un desiderio di assoluta trasparenza e cercando di aiutare le realtà musicali più piccole ed emergenti, aiuto che ad esempio passerebbe attraverso la ripartizione analitica delle royalties, o anche su una più presente assistenza legale e tecnica che vada incontro alle necessità dei proprietari di locali, club e venue per destreggiarsi tra la burocrazia delle licenze. Per una più completa panoramica sull’approccio di Soundreef, consigliamo la visione del seguente video, che contiene un’esauriente intervista a Davide D’Atri, presidente di Soundreef.

Come spesso accade, in Italia si incontra spesso una fisiologica pigrizia a recepire con il giusto tempismo queste riforme, se non addirittura una sorta di resistenza ad accogliere il cambiamento ed il rinnovamento.

E’ assolutamente ragionevole dal punto di vista della SIAE, oggi che si affacciano realtà concorrenti, iniziare a mobilitare una sorta di autopromozione dopo che per 134 anni non ne ha avuto bisogno in quanto detentrice di un monopolio e muovendosi da sola in Italia nell’ambito della gestione dei diritti d’autore. Però è anche lecito da parte di Soundreef chiedersi fino a dove ci si può spingere e quali sono i confini del fair play in questa sfida tra concorrenti.

In ogni caso, abbiamo anche noi voluto provare a vedere coi nostri occhi se si verificava questo paradossale risultato nel motore di ricerca Google. E abbiamo constatato che non succede, o per lo meno non succede più.

Tornando ai commenti sotto allo screenshot in questione, molti altri utenti hanno potuto vedere che la situazione è effettivamente cambiata, e ora come primo risultato si trova – come è ovvio che sia – la pagina di Soundreef. Se sia stata una svista o una mossa intenzionale, ci dev’essere evidentemente stato un intervento riparatorio prima che dilagasse questo “incidente diplomatico”.

 

Paolo Castelluccio