Siamo stati al DAY 2 di Spring Attitude e vi raccontiamo come è andata.
Spring Attitude, giunto alla sua tredicesima edizione, ormai è una certezza. Un successo dovuto alla lungimiranza degli ideatori, ma sopratutto, al gusto del suo direttore artistico e a quella formula ibrida (incredibilmente vincente in Italia) che miscela dance e ballo con esibizioni live e performance sperimentali.
Certo, non c’era il fascino del set della Roma Imperiale di un paio di edizioni fa, però, la scelta di avere due palchi uno a fianco all’altro è stata giusta, musicalmente parlando. L’audio era buono, il pubblico concentrato e i tecnici non dovevano fare kilometri per passare da un palco all’altro, visto anche l’alto numero di strumenti musicali da gestire, non più solo console.
Sì, perché Spring Attitude, nato come evoluzione di L-Ektrica (storico party del clubbing romano) ha gradualmente mutato tendenza. SA, nel corso degli anni, è diventato un festival per tutti i gusti. Sempre più indie, più rock, più punk, ma senza abbandonare la musica elettronica. In realtà fil rouge che amalgama il tutto.
E allora ecco che vediamo sul palco, come headliner della seconda giornata, i Viagra Boys, potenti, inebrianti, lattina di birra in mano e a “panza de fori” (come si suol dire a Roma). Fanno il loro show, si divertono e ci divertono.
Vorrei solo capire una cosa: se pure per Sebastian Murphy, frontman del gruppo, una birra da 0.4 cl costava 6 euro. Troppo! Anche perché, uno spumante (caldo) veniva sempre sei euro, mentre dieci per uno spritz e undici euro per un long-drink.
Ma questa, ormai, è pratica comune per eventi di questa portata. Forse per rientrare dagli enormi costi di gestione. Sorvoliamo. Diamo spazio alla musica.
Musica alla quale, se potessimo dare un voto, daremmo 8.5 su 10. Tutti artisti molto interessanti, freschi, non banali. Alcuni quasi alienanti. Come i Bobby Joe Long’s Friendship e il loro synth pop di Roma Est.
Motta un matto sul palco. Carico come una molla, ha caricato anche noi. Saltava da tutte le parti, lanciava bacchette, abbracciava i suoi musicisti (e anche il suo pubblico, scendendo dallo stage). Fantastico il duetto con Danno dei Colle Der Fomento comparso improvvisamente, a sorpresa, sul palco.
Al basso, oltretutto, c’era Roberta Sammarelli, bassista dei Verdena (altro grande gruppo protagonista di Spring Attitude 2023), mentre ai synth c’era proprio Whitemary, che dopo un’oretta avremmo visto nel suo coinvolgente show personale.
Suggestive le performance di Anna and Vulkan, Emma Nolde e dei Fat Dog, i quali hanno scaldato il pubblico all’inizio dell’evento. Un crescendo di BPM che ci ha accompagnato dalla delicata Gaia Morelli fino agli Acid Arab e a Sama’ Abdulhadi, passando per Mount Kimbie e i Kiasmos, con il loro sound ambient pulsante e raffinato.
I Fat Dog, in particolare, ci hanno colpito positivamente. Sporchi, rudi, ma allo stesso tempo dance e punk. Come anche Emma Nolde, una One-Woman-Band tra pad, loop e assoli di chitarra, con un trombettista e un violoncellista ai suoi fianchi.
Unica nota stonata della serata è stata l’antipatica uscita della cantante dei Bar Italia. La quale se l’è presa con un tecnico delle luci, reo di movimentarle troppo. Dal microfono del palco, davanti tutta la platea, poteva sicuramente dirglielo in modo più gentile. Ma, a parte questo, la musica era buona.
Che dire poi degli Acid Arab. Non hanno disatteso le aspettative, trasportandoci sulle dune del deserto arabico, con un messaggio cubitale alle loro spalle che recitava PEACE. I quali hanno preceduto, in una sorta di filo logico, Sama’ Abdulhadi, la DJ palestinese, con la sua techno militante.
Maglietta scura, con su scritto PALESTINA, e una grinta che reggeva il palco da sola. Sama’ è una di noi, una del popolo. Ma allo stesso tempo possiede una professionalità e una precisione incredibili.
Simpatico, e non scontato, era il suo rapporto con il pubblico, soprattutto con la prima fila, quelli sotto cassa, ai quali chiedeva (a gesti) se la musica si sentiva bene e se era di loro gradimento.
In totale, la seconda giornata di Spring Attitude, sarà durata circa dodici ore, ma percepite saranno state quattro per come è filata liscia. Eri lì, e speravi sempre che un artista non avesse finito il suo set, che facesse un’altra traccia. Ma sapevi che non era possibile. La time line era veramente serrata.
Darei solo un consiglio all’organizzazione: creare più un’atmosfera da festival. C’erano solo 2 banchetti-gazebo, uno di Amnesty, uno di GreenPeace, più la bellissima iniziativa del Safe Corner. Magari sarebbe un’idea adibire una parte a mo’ di piccola fiera, con bancarelle o cose simili, per far “vivere” meglio il contesto di festa.
Ottima invece la gestione dei servizi igenici, come anche il sistema di pagamento cashless. Mai un minuto di fila ne per i bagni, ne per la birra.
Adesso l’unica cosa che vogliamo sapere è quale sarà la line up del prossimo Spring Attitude 2025. Sicuri di essere nuovamente stupiti.