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Steve Bug firma il ritorno sulla sua label Poker Flat con il nuovo singolo “The Haze” in collaborazione con Ali Love e si racconta in una lunga ed intensa intervista ai microfoni di Parkett.

Steve Bug conosce bene la strada fatta fino ad ora ed il percorso che lo attende. In un mondo dominato da cambi di direzione improvvisa, artisti che focalizzano le loro energie su tutti gli aspetti marginali del mestiere, dimenticandosi troppo spesso il senso del viaggio, la figura di Steve Bug ha una scala di priorità molto precisa, in cui la sua musica e la sua identità artistica stanno in cima, a vegliare su tutto il resto con un sano distacco.

Steve non è un dj che si nasconde dietro un dito. Ama dire quello che pensa, proporre una riflessione universale sui cambiamenti che stanno investendo il mondo dell’elettronica. Non riducendo la questione al banalissimo clichet del “vabbè le cose erano meglio prima” ma sviscerando, punto per punto, quello che forse oggi manca al mercato musicale.

Originalità, perseveranza, voglia di rompere gli schemi del successo facile. D’altronde Poker Flat rappresenta da oltre vent’anni un’isola felice in cui l’espressione artistica viaggia in maniera indipendente dalle logiche del mercato. E, se questo successo dura da oltre due decenni, un motivo c’è.

Il gusto musicale di Steve, la spiccata capacità di saper dare voce ad artisti che hanno dimostrato nel corso del tempo il loro talento (vedi Trentemoller) e la grande passione per la musica in tutte le sue forme. La scorsa settimana è uscito su Poker Flat l’ultimo singolo, in collaborazione con Ali Love, che non ha tradito le aspettative riportando il sound Poker Flat in una dimensione contemporanea ma sempre con i piedi ben piantati nella tradizione musicale della label tedesca.

Abbiamo voluto farci raccontare di più da Steve, che ci ha regalato un’intervista senza sconti e tantissimi spunti su cui fermarsi un attimo a pensare. Un’analisi lucida sulle criticità della scena attuale e sulla necessità di portare avanti una propria personalità artistica. Buona lettura!

Ciao Steve Bug, benvenuto su Parkett. Sono molto felice di averti come nostro ospite e vorrei iniziare chiedendoti come sta andando questa stagione estiva e come è stata,dal tuo punto di vista, la ripresa degli eventi.

Ciao! Ho suonato a dei party davvero carini, come gli inviti di Carl Cox al DC10 per esempio, e ho in arrivo alcuni open air più piccoli, a cui non vedo l’ora di poter suonare. In generale sento che siamo ancora lontani dal punto in cui erano le cose prima della pandemia. Molti club, in tutto il mondo, sono ancora attenti a prenotare deejay internazionali, altri club hanno dovuto chiudere i battenti per sempre e in alcuni paesi non ci sono ancora feste in corso.

Le poche cose che molte persone speravano di cambiare, non sono cambiate affatto. Si tratta ancora di numeri sui social media anziché di vero talento. I festival continuano a prenotare gli stessi artisti più e più volte. E alcuni dei festival più piccoli stanno lottando con la vendita dei biglietti. Alcune persone hanno semplicemente paura di acquistare i biglietti in anticipo, poiché il festival potrebbe essere cancellato. Ci vorrà sicuramente più tempo e forse alcuni di questi eventi potrebbero cambiare qualcosa. Vedremo.

Partendo dai tuoi esordi, vorrei sapere qual è stato il momento in cui hai capito che la musica sarebbe diventata ciò che avresti fatto per tutta la tua vita, insomma quel famoso punto di non ritorno.

Il primo momento è stato quando un mio amico mi ha portato al Front club di Amburgo, dove sono entrato in contatto per la prima volta con la musica house nell’87/88. Mi sono subito innamorato del suono e dell’atmosfera. Dopo di che,ho iniziato a comprare dischi e a fare mixtape a casa. E il secondo momento è stato quando ho trascorso l’intera estate del ’91 a Ibiza con uno dei miei migliori amici dell’epoca, con cui stavo anche facendo il barista in un club della nostra città natale. Quell’estate abbiamo deciso di iniziare la nostra serie di feste mensili in quel club. Per risparmiare un po’ di soldi, ho deciso di suonare al fianco di uno dei nostri eroi locali e resident deejay del club Jens Mahlstedt.

Gli amici che avevano i miei nastri mi chiedevano di suonare nei club, ma prima di quell’estate non avrei mai voluto cambiare squadra. Preferivo stare sulla pista da ballo a divertirmi. Dopo alcune di quelle feste, il proprietario del club mi ha chiesto di diventare un deejay resident e di suonare ogni settimana con Jens. Così ho fatto, ma non mi sarei mai aspettato che questo diventasse il mio futuro. All’epoca ero ancora un parrucchiere. Ma la mia passione per la musica era così grande che ho iniziato a produrre.

All’inizio negli studi di amici, ma presto mi sono reso conto che avevo bisogno della mia attrezzatura e che volevo scavare più affondo nella produzione. Alcune delle mie prime collaborazioni e persino i miei primi lavori da solista erano stati pubblicati su Superstition Records. Il proprietario dell’etichetta Tobias Lampe credeva in me e, da allora, è stato il mio partner in tutte le etichette che abbia mai diretto.

Sei definito il “gentlemen della techno”. La musica di Steve Bug ha un sound distinguibile, mai impersonale o legato a mode passeggere, ma sempre fedele a te stesso. Quanto è importante per te la tua identità musicale e come pensi sia possibile sperimentare riuscendo sempre a mantenere il tuo stile?

Se guardi le mie pubblicazioni, troverai molte cose più profonde, che chiamerei deep house, ma troverai anche altre cose più da pista, così come alcune cose elettroniche melodiche e persino alcune cose pessime. Non ho mai stabilito un limite a quello che faccio in studio. Non mi siedo mai in studio a pensare “Oggi scriverò una traccia tech house funzionale”.

Inizio a suonare, e quando qualcosa mi commuove, mi ci butto a  capofitto. Per qualche ragione sembra che ci sia qualcosa di riconoscibile nelle mie produzioni, almeno è quello che dicono le persone. Non ho mai seguito le tendenze, ho sempre prodotto la musica che ho sentito personalmente senza pormi confini. Secondo me, più produttori dovrebbero essere aperti a inventare qualcosa di “impopolare” o “atipico” per loro al fine di mantenere le cose interessanti.

Voglio dire, ci sono troppe tracce là fuori che suonano come l’80% del genere in cui si trovano. È quasi come se le persone usassero gli stessi pattern, suoni di batteria, loop e campioni, o forse anche tutti insieme. Non c’è niente di personale nella maggior parte delle tracce là fuori, perché la gente cerca di suonare come “qualcosa”. Forse in troppi  pensano “oh questa traccia ha venduto molte copie, dovrei fare qualcosa che suoni così” ma questo non ti potrà mai portare lontano.

Se i padrini dell’ house e della techno avessero pensato in questo modo, oggi non avremmo nemmeno house & techno. Ovviamente è quasi impossibile inventare qualcosa di completamente nuovo al giorno d’oggi, dal momento che la musica dance elettronica è in circolazione da quasi 4 decenni, ma c’è almeno spazio per trovare il tuo suono invece di suonare come tutti gli altri.

Quando parli di Flat Poker, e dei suoi oltre 20 anni, ti ho sentito spesso dire che l’importante è avere una visione. Cosa significa oggi avere una visione all’interno di un’etichetta che vive da più di vent’anni? Hai mai avuto dubbi o ripensamenti su alcune tue scelte di direzione artistica? 

No mai, sono dietro a ogni uscita dell’etichetta. Se avessi preso decisioni diverse avremmo potuto fare più soldi, ma i soldi non sono mai stati quello che stavo cercando. Si tratta di spingere e supportare la musica, che personalmente sento e voglio suonare.

Potrebbe non essere per tutti, ma per chi ama lo stile di Poker Flat sarà sempre speciale. Non sono mai stato un fan del mainstream, in realtà ho cercato di fuggire da quella logica, ecco perché mi sono appassionato all’house e alla techno in primo luogo. Oggi la musica elettronica fa parte della cultura pop, almeno in Europa.

Sfortunatamente il vecchio testo “non tutti capiscono la musica house” è ancora vero. Ecco perché è molto difficile per i giovani talenti sfondare. Promoter, etichette, agenzie e la folla scelgono coloro che hanno già molti follower. Anche le riviste cercano Like e follower, quindi supportano anche coloro che sono già molto popolari. Tieni presente che molti artisti non sono bravi nei social media, né si vendono a nessuno.

E non possono permettersi social media manager ed un certo tipo di marketing. Bisogna tenere bene a mente che, solo perché qualcuno è popolare su Instagram ecc., non significa che la sua musica sia fantastica, non importa se sia un  producer o deejay.

Mi piace sempre fare un paragone con l’industria cinematografica. I blockbuster di Hollywood sono famosi ovunque, ma la maggior parte delle volte sono un po’ superficiali e frivoli, ma la maggior parte del pubblico si diverte a guardarli. Eppure non sono per tutti. I film indipendenti e d’autore sono spesso sconosciuti al grande pubblico, ma raccontano storie migliori e sono più profondi. Ok, il gusto è diverso, ma prima di tutto devi avere un gusto tutto tuo. Ma per avere un gusto personale, devi capire/conoscere il materiale (film, musica ecc.) almeno un po’..

Ed è qui che torniamo a quel ragionamento che facevo prima sul fatto che non tutti possano masticare la musica. Oltre a questo, c’è troppa musica pubblicata ogni settimana per rimanere aggiornati su tutto ciò che sta accadendo. Tra tutti coloro che ascoltano musica elettronica, c’è una percentuale molto bassa di persone che cercano nuova musica, quindi le etichette e gli artisti devono fare affidamento su playlist che li supportino per essere ascoltati da più persone.

L’ultima versione di Poker Flat è “The Haze” in collaborazione con Ali Love. Come è nata questa collaborazione?

Sono un fan di Ali da molti anni. Quando finalmente ho avuto la traccia, che pensavo avrebbe funzionato perfettamente con la sua voce, mi sono messo in contatto con lui che ha subito accettato. Così gli ho mandato la traccia e lui mi ha mandato indietro le sue idee. Semplicissimo.

 

Produci da molti anni e credo che come tutti gli altri abbia attraversato momenti di forte creatività e altri di minore ispirazione. Dove trovi l’ispirazione per la tua creatività, e nel caso di “The Haze” quali sono gli elementi o i suggerimenti che ti hanno ispirato?

È difficile per me spiegare cosa guida la mia creatività, ma sono in studio a sperimentare molto, e a provare  apparecchiature nuove o vecchie e/o plug-in. In questo caso, stavo sperimentando con il 303 e all’improvviso, quasi per caso, mi è venuto in mente quella linea di basso acid. Ho aggiunto qualche altra battuta e quegli accordi, poi il piano, e ho fatto partire la traccia. Sento che ha davvero un carattere speciale, già la versione demo era fantastica, poi la voce di Ali Love ha aggiunto qualcosa in più che l’ha resa la traccia che è.

Negli ultimi anni ho letto spesso tweet di disapprovazione riguardo all’eccessiva importanza che alcuni dj hanno sui social e anche quando ti ho chiesto la tua sul concetto di visione, hai espresso molti dubbi sulla scena musicale attuale. Vorrei chiederti se in un mondo così dominato dalla cultura delle immagini e dalle logiche di marketing, il concetto di meritocrazia può ancora effettivamente sopravvivere.

Come avrai notato dalle mie risposte sopra, credo che in questo momento quel concetto sia a malapena, se non del tutto, purtroppo inesistente. Voglio dire, sì, di tanto in tanto ci sono artisti rivoluzionari, ma nella maggior parte dei casi non si basa sulla loro musica pubblicata o suonata. È molto strano che effettivamente la musica svolga un ruolo molto piccolo nell’industria musicale al giorno d’oggi.

Accanto a Poker Flat nasce Subleasing Music. Come è nata questa seconda etichetta e cosa volevi portare sulla scena musicale in più dell’enorme contributo che hai dato con Poker Flat?

C’era un sacco di musica che non era proprio adatta a Poker Flat, ma che volevo davvero pubblicare. Sentivo che c’era ancora tempo per questi brani, e così abbiamo fondato l’etichetta. Mi piace il fatto che queste tracce siano fondamentalmente groove, che funzionano alla grande nei mix.

Hai spesso parlato della necessità di ricercare la qualità nella musica. Pensi che la qualità nella musica sia una componente soggettiva o oggettiva e come pensi di poter creare o educare il pubblico a un certo gusto musicale?

Come in ogni altra forma d’arte, c’è sicuramente una grande componente soggettiva. Ma c’è anche una componente oggettiva. Non è facile poterne discutere, poiché anche il gusto personale, se presente, è una componente. Quindi vedi che è difficile rispondere, ma è facile rispondere alla seconda parte di questa domanda.

Agli albori dell’house e della techno, la maggior parte delle persone tornava alla vigilia del proprio club preferito ogni weekend, per lasciarsi alle spalle la quotidianità. I deejay resident all’epoca creavano i propri successi semplicemente riproducendo i brani più e più volte. La folla avrebbe riconosciuto quei brani dopo alcune volte e avrebbe persino aspettato che venissero suonati. Con i club che prenotano deejay da tutto il mondo ogni settimana, questo è andato perso.

È anche peggio ai festival, perché non c’è alcuna coerenza. Anche l’idea di tornare nello stesso club, settimana dopo settimana, sta sicuramente avendo un ruolo molto meno importante  in questo periodo storico. Inoltre, con la musica elettronica così popolare e suonata in così tanti club, trovi molte persone a cui non piace nemmeno la musica che ascoltano nei club di tanto in tanto, perché non succede molto altro. Questo è uno dei grandi svantaggi dell’house e della techno così popolari in Europa.

È diverso nella maggior parte dei posti all’estero, come ad esempio gli Stati Uniti, dove la musica numero uno è la musica country, seguita dall’hip hop. House & Techno non hanno davvero un ruolo nei media mainstream. Tu trovi ancora le “teste” nel club. Persone che amano davvero la musica. Hanno una propria opinione sulla musica suonata e su come viene mescolata. Semplicemente perché apprezzano davvero questa musica e non sono lì per caso.

Per un DJ che suona da molti anni e ha la tua esperienza, leggere la folla è una cosa semplice. Hai spesso parlato di portare il tuo pubblico dentro un viaggio. Dopo anni di esperienza, che valore assume il concetto di dj set come viaggio musicale e ti prepari prima o segui il tuo istinto quando suoni?

L’unica volta che ricordo di essermi preparato in particolare per un set è stato prima della chiusura dello Space. La fascia oraria era super breve, quindi non c’era tempo per “entrarci dentro”, dovevo assicurarmi di essere pronto a trarne il meglio. Ma di solito aggiungo i nuovi brani della settimana, alla mia playlist, li ascolto di nuovo, e poi vado nel club, inizio a suonare e provo a connettermi con la folla.

A volte ci vuole più tempo, altre volte sei connesso dopo 3 tracce, ogni notte è diversa, e se stai solo suonando i tuoi brani più popolari, potresti far ballare la folla, ma questo sicuramente non li sta portando dentro un viaggio. E soprattutto tutti possono farlo, soprattutto al giorno d’oggi, in cui la parte tecnica non rappresenta più un problema.

Hai raggiunto obiettivi incredibili nel corso degli anni. C’è ancora qualche desiderio o traguardo che ti sei prefissato di raggiungere nel prossimo futuro?

I miei obiettivi sono sempre stati piccoli e li ho impostati passo dopo passo. Ma in generale penso che l’obiettivo più grande che tutti dovremmo perseguire sia essere semplicemente veramente felici. Il mondo ci sta insegnando a diventare popolari, ricchi o altro. Ma seriamente, dove ci ha portato questo? I bambini vengono spinti al limite per “consegnare”, le persone che “ottimizzano” se stesse con la chirurgia plastica, altri che urlano per attirare l’attenzione facendo qualcosa di estremo, ecc.

C’è molta invidia inutile là fuori. Il denaro o il successo non ti renderanno felice. Molte persone invidiate non sono nemmeno felici. Non ho una ricetta per te, ma cerca di trovare qualcosa che ami personalmente, non lasciare che le opinioni degli altri ti abbattano. Sii te stesso, non cercare di essere come gli altri. E non aspettare che qualcun altro ti renda felice o “completo”. È tutto in te, non importa chi sei.

Steve Bugs Credit Photo Marie Staggat

Ultima domanda. Cosa ti aspetti dal futuro della musica in generale e cosa speri possa cambiare per vivere un mondo musicale più sano?

Avremo sicuramente bisogno di trovare un sistema che paghi gli artisti e le etichette, che aiutano a costruire le loro carriere, in modo equo. Le persone non dovrebbero dare per scontata la musica. C’è un sacco di duro lavoro dietro.


ENGLISH VERSION

Hi Steve Bug, welcome to Parkett. I am very happy to have you as our guest and I would like to start by asking you how this summer season is going and how the resumption of events has been from your point of view.

Hi, I played some really nice parties, like the Carl Cox invites at DC10 for example, and I have a few smaller open airs coming up, to which I’m really looking forward to. But in general I feel, that we’re still far away from where things had been before things went south. Many clubs around the globe are still careful with booking international deejays, some other clubs had to close their doors forever, and in some countries there are still no parties happening at all.

The few things that many people were hoping for to change, have’t changed at all. It is still all about social media numbers instead of true talent. Festivals are still booking the same line ups over and over again. And some of the smaller festivals are struggling with selling tickets. Some people are simply afraid of buying tickets early, as the festival may get cancelled. It will definitely take more time, and maybe some of these events may final change something. Let’s see.

Starting from your beginnings, I would like to know what was the moment when you realized that music would become what you would have done for your entire life, in short, the game changer of your whole life.

Well, first moment was when a friend of mine was taking me to Hamburg’s Front club, where I first got in touch with house music back in ´87/´88, I immediately fell in love with the sound and the vibe. After that I started buying records and making mixtapes at home. And the second moment was when in was spending the whole summer of ´91 in Ibiza with one of my best friends at the time, who I was also bartending with at a club at our hometown.

That summer we decided to start our monthly party series at that club. To save some money, I decided to play alongside one of our local heroes and resident deejay of the club Jens Mahlstedt.Friends who had my tapes were begging me to play at clubs, but before that summer I never wanted to change the side. I preferred to be on the dance floor enjoying myself. After a few of those parties, the club owner asked me to become a resident deejay, and play every week with Jens. So I did, but I still never expected this to become my future. At the time I was still a hairdresser.

But my passion for the music was so big, that I started producing. At first at studios of friends, but I soon realized that I needed my own gear and that I wanted to dig deeper into production. Some of my first collaborations and even my first solo stuff had been released on Superstition records, the label owner Tobias Lampe believed in me, and since then he’s been my label partner for all of the labels I’ve ever run.

You are defined as the gentlemen of techno because Steve Bug’s music has its own clear sound, never dirty or trendy, but always true to yourself. How important is your musical identity to you and how do you think it is possible to experiment while always managing to maintain your own style?

If you look at my releases, you’ll find a lot of deeper stuff, that I’d call deep house, but you’ll also find some more driving stuff, as well as some melodic electronic stuff, and even some downbeat stuff. I never set a boundary to what I do in the studio. I never sit in the studio thinking “I’m going to write a functional tech house track today” I start playing around and when something moves me, I dice deeper into it. For some reason there seems to be something recognizable about my productions, at least that’s what people say.

I never followed trends, I always produced the music that I personally felt without setting boundaries. In my opinion more producers should be open to come up with something „unpopular“ or „untypical“ for them in order to keep things interesting. I mean there are way too many tracks out there that sound like 80% of the genre they’re in. It’s almost like people use the same patterns, drum sounds, loops, and samples, or maybe even all of it together.

There is nothing personal about most of the tracks out there, because people try to sound like „something“ Maybe people think „oh this track sold a lot of copies, I should do something that sounds like it“ but that won’t get you far. If the godfathers of house and techno would have thought that way, we would not even have house & techno today. Of course it’s almost impossible to come up with something completely new nowadays, since electronic dance music has been around for almost 4 decades, but there’s at least room to find your own sound instead of sounding like everybody else.

When you talk about Flat Poker, and its over 20 years, I have often heard you say that the important thing is to have a vision. What does it mean today to have a vision inside a label that has lived for more than twenty years? Have you ever had doubts or second thoughts about some artistic direction choices you have made over the years?

No never, I stand behind every release on the label. If I had made different decisions we may could be making more money, but money was never what I was going for. It’s all about pushing and supporting music, that I personally feel and want to play. It might not be for everyone, but for those who like it, it will always be special. I never been a fan of the mainstream, actually I ran away from it, that’s why I got into house & techno in the first place. Nowadays electronic music is a part of the pop culture, at least in Europe. Unfortunately the old lyric „not everyone understands house music“ is still true.

That’s why it is very difficult for young talents to break through. Promoters, labels, agencies, and the crowd pick those who have plenty of followers already. Even magazines are looking for likes and followers, so they support those who are already huge as well. But keep in mind, many artists are not good at social media, neither selling themselves to anyone. And they can’t afford social media agencies. So know that, just because someone is popular on Instagram etc, doesn’t mean their music is great, no matter if it’s production, or deejaying.

I always like to make a comparison with the movie industry. Hollywood blockbusters are huge everywhere, but most of the times they the are a bit shallow and superficial, but the majority enjoys watching them. Yet they are not for everyone. Independent and arthouse movies are often unknown, but tell the better stories and are more profound. Okay, taste is different, but first of all you have to have a taste of your own.

But to have an own taste, you need to understand / know the material (film, music etc) at least a bit.. And that’s where we come back to that sentence „not everyone…“. Besides that there is way too much music released every week to stay up to date with everything that’s happening. Out of everybody who’s listening to electronic music, there is a very low percentage of people even digging for new music, so labels, and artists have to rely on playlists supporting them to get heard by more people.

The latest release of Poker Flat is “The Haze” in collaboration with Ali Love. How was this collaboration born?

I’ve been a fan of Ali for many years. When I finally had the track, that I thought would work perfectly with his vocals, I got in touch, and he said yes. So I sent him the track, and he sent me back his ideas. Simple as that 🙂

You have been producing for many years, and I believe that like everyone else it has gone through moments of strong creativity and others of lesser inspiration. Where do you find the inspiration for your creativity, and in the case of “The Haze” what are the elements or suggestions that inspired you?

It’s hard for me to explain what drives my creativity, but I am in the studio a lot experimenting, and playing around with new or old gear and/or plug ins. In this case, I was playing around with the 303 and suddenly, almost accidentally came up with that acid bass line. I added a few more beats and those chords, later the piano, and I had the track going. I feel it really has something, already the demo version was great, then Ali Love’s vocals added something extra that made it the track it is.

In recent years I have often read disapproving tweets regarding the excessive importance that some DJs have on social media. I would like to ask you if in a world so dominated by the culture of images and marketing logic, the concept of meritocracy can still exist in electronic music.

As you may have noticed form my answers above, I believe that at this moment, that concept is barely, if at all, existing unfortunately. I mean, yes there are breakthrough artists from time to time, but in most cases it is not based on their music being released or played. It’s very weird that music is playing a very small role in the music industry nowadays.

Next to Poker Flat was born Sublease Music. How was this second label born and what did you want to bring to the music scene more than the huge contribution you made to the scene with Poker Flat?

There was a lot of music that was not really suiting on Poker Flat, but that I really wanted to release. I felt that there was time for these more track based tunes again, and so we started the label. I like the fact that these tracks are basically grooves, that work great in mixes.

You have often talked about the need to seek quality in music. Do you think that quality in music is a subjective or objective component and how do you think you can create or educate the public to a certain musical taste?

As in any other art form there is definitely a big subjective component to it. But there is an objective component as well. But it’s hard to argue, as personal taste, if there is any, is also a component. So you see that is hard to answer, but the second part of that question is easy to answer. In the early days of house & techno, most people would go back to their favorite club every weekend, to leave their everyday life behind. The resident deejays back then created their own hits simply by playing tracks over and over again.

The crowd would recognize those tunes after a few times and would even wait for it to be played. With clubs booking deejays from all around the world every week, that got lost. It’s even worse at festivals, as there is no consistency at all. Also the idea of returning to the same club week after week is definitely playing a much smaller role these days. Also with electronic music being so popular, and being played in so many clubs, you find a lot of people who are not even into the music come to the clubs once in a while, because there’s not much else happening.

That’s one of the big disadvantages of house & techno being so popular in Europe. It’s different in most places overseas, like the USA for example, where number one music is country music, followed by hip hop. House & Techno don’t really play a part I the mainstream media. You you still find the heads in the club. People who are really into the music. They have an own opinion on the music played, and how it is mixed. Simply because they truly dig this music.

For a DJ who has been playing for many years and has your experience, reading the crowd is a simple affair. You’ve often talked about taking your audience on a journey. After years of experience, what value does the concept of dj set take as a musical journey and do you prepare yourself first or do you follow your instincts when you play?

The only time i remember especially preparing for a set was before the Space closing. The time slot was super short, so there was no time to „get into it“ I had to make sure that I was prepared to make the best out of it. But usually I add the new tracks of the week, to my playlist, listen to them again, and then go to the club, start to play and try to connect to the crowd.

Sometimes it takes longer, other times you’re connected after 3 tracks, Every night is different, and if you’re only playing your biggest tunes, you might make the crowd dance, but that’s definitely not taking them on a journey, and everybody can to do it, especially nowadays that the technical part is not an issue anymore.

You have achieved incredible goals over the years. Is there still any unfulfilled desire or goal that you set out to achieve in the near future?

My goals were always small, and I set them step by step. But in general I think the biggest goal we all should go for is to be simply truly happy. The world is teaching us to become popular, rich, or whatever. But seriously where has this gotten us? Kids being pushed to the limits to „deliver“, people „optimizing“ themselves by plastic surgery, people screaming for attention by making something extreme, etc.

There’s a lot of unnecessary envy out there. Money or success won’t make you happy. Many envied people are not even happy themselves. I don’t have a recipe for you, but try to find something that you personally love, don’t let others people opinions bring you down. Be yourself, don’t try to be like others. And don’t wait for somebody else to make you happy or „complete“. It’s all in you, no matter who you are.

Last question. What do you expect from the future of music in general and what do you hope will change to live a healthier musical world?

We will definitely need to find a system that pays the artists and the labels, who help build their careers, fair. People shouldn’t take music for granted. There’s a lot of hard work behind it.