Abbiamo ascoltato il nuovo album di Francesco Tristano, Surface Tension, in collaborazione con il pioniere Derrick May e le nostre impressioni sono più che positive.
In generale, quando si inizia a raccontare di una futura uscita, in questo caso Surface Tension, si parte dalla fissazione di alcuni presupposti fondamentali, ovvero dei paletti che delimitano quel confine entro cui l’analizzatore ha già preliminarmente scelto di muovere la sua indagine.
Questa è senza ombra di dubbio una strategia quanto mai utile: rende un’idea nitida di quello spazio calpestato nell’avvenire, consentendo al lettore una breve e sintetica proiezione nelle argomentazioni prossime.
Utile dunque, si, ma non è possibile affermare con altrettanta certezza che una tale progressione narrativa sia l’unica auspicabile, in virtù soprattutto di una chiara esplicazione, a chi ne è estraneo ma incuriosito, del contenuto in oggetto.
Questa plausibile inversione dei sensi di marcia, non dipende essenzialmente da soli intimi fattori soggettivi, ma all’invero è propedeutica per le su dette finalità: ovvero, dare modo al lettore di porsi già dalle prime righe in una dimensione il più possibile sintetica, chiarificatrice ed accattivante, soprattutto accattivante, tale da stuzzicarne l’interesse.
Proprio per questo ordine di ragioni (speriamo di facile-metabolizzazione), nella trattazione di Surface Tension seguiremo uno sviluppo deduttivo: non fisseremo quel perimetro di cui si diceva in apertura, bensì, compiamo il primo passo da un’origine, da un’asse centrale la cui dimensione simbolica, la cui massa, è significativamente più rilevante del relativo spazio che occupa al suolo; da quì poi, ci sposteremo lungo ogni direzione, coprendo a 360° fin dove si ritenga opportuno arrivare.
Abbandoniamo l’idea di esplorare un’area, per abbracciarne una ben più intrigante: quella di esplorare, semplicemente, ignorando quei limitanti timori che potrebbero inibire il nostro desiderio di rivolgere lo sguardo un pò più in là.
Ebbene, adesso però sorge la necessità di dare una qualche sorta di concretezza, anche se in sola forma letteraria, a questo punto 0.
Prodotto in strettissima sinergia con Derrick May, Surface Tension verrà pubblicato da Transmat il 25 Novembre e sarà disponibile nel formato sia che digitale, CD e vinile.
Quella tra Francesco Tristano e The Innovator ormai è un’amicizia più che strettamente consolidata; proprio ultimamente, in FRANCESCO TRISTANO E DERRICK MAY INSIEME PER P:ANORIG, specie in riferimento alla video intervista allegata, avete avuto ampio modo di scoprire i punti di forza dei nodi di questo rapporto.
Nonostante le scene Live che hanno condiviso non sono poche, (capolavoro è l’interpretazione by Trsitano di Strings Of Life, e ancora più stupefacenti ne sono le esecuzioni live l’uno di fianco l’altro, ve ne consigliamo la visione) è la prima volta che i due si prendono per mano in studio.
A tal proposito Tristano afferma sorridente:
“Ho dovuto adescarlo nel mio studio, mi sembrava come se fosse Alice nel paese delle Meraviglie quando ha visto tutti i sintetizzatori”
…il che è del tutto comprensibile tenendo conto del fatto che May non lavorava così intensamente nell’ambito della produzione da quasi 20 anni.
Dalle prime indiscrezione, sembrava che Surface Tension dovesse essere un progetto “figlio” di P:ANORIG, il nuovissimo live set-up di cui vi abbiamo già raccontato nel su citato articolo ed inaugurato per la prima volta nell’ultima edizione del Sónar Festival in occasione proprio del trentennale Transmat.
Tuttavia, quest’idea è andata poi perdendosi lasciando l’album di vestirsi di esistenza propria.
Quale ne è stato il risultato?
Partiamo preliminarmente da degli “antecedenti” fondamentali: da un lato, The Innovator, precursore dell’eccellenza del genere, volto rappresentativo del suono di Detroit, nonchè uno degli artisti più completi e spessi che al pari di soli pochi altri ha massivamente contribuito alla nascita e alla proliferazione del genere; dall’altro, Francesco Tristano, musicista la cui anima artistica si coadiuva nella stessa percentuale sia di un’elevata formazione classica che di una rigogliosa “ecletticità” elettronica.
Il binomio è uno di quelli più belli con cui potreste avere il piacere di trovarvi a contatto.
Due generazioni che in apparenza sembrerebbero contare un numero così esiguo di punti di contatto, in realtà, vantano un’affinità reciproca dalla raffinatissima caratura.
Non varrebbe neanche parlare di “opposti che si attraggono”, sicché, effettivamente, di opposti veri e propri, non stiamo assolutamente parlando.
In realtà, a modesto avviso, in quell’infinito calderone che è la musica elettronica, non è mai propriamente opportuno parlare di “opposti”, più che altro, ci piace immaginare (un concetto che ci è già capitato di ribadire), sfumature più o meno considerevoli di un’unica, ciclica, tonalità.
Ma quali sono allora le tonalità stese su di questa tavolozza intitolata Surface Tension? Le parole d’ordine, o meglio, i ponti nevralgici, sono due: quello del tracciato-storico, il lascito essenziale di una generazioni di produttori, solido tronco dell’albero dei generi; e quello del nuovo che si prospetta, tenuto su da una miscela ben calibrata di ricerca, creatività, e non meno una discreta dose di curiosità.
Una tensione superficiale è immediata derivazione di un immobilismo primo ancora che pratico, intellettuale; Tristano e May con la realizzazione di quest’album tributano una condizione attitudinale trasversale, elogiano una pratica che non si limiti alle comprovate ed “arcane” formule di eccellenza ma che contribuisca nella messa in onda di nuovi spazi di definizione; del resto, capolavoro, è anche questo: di atipica bellezza, una bellezza funzione di una formula completamente nuova, non di una precedente ma sottoposta ad un opera di restauro.
Non che restaurare sia facile! Assolutamente no…conservare l’intrinseca bellezza di un qualcosa nel mentre se ne sta riprogettando l’ingegnerizzazione di fondo, è opera quanto mai complessa e pericolosa, per l’ovvio rischio di distorcere l’originaria apprezzabilità.
Ma quella di Surface Tension è condizione ben diversa: è quello spiraglio di aria fresca che penetra in un angusto spazio chiuso, la dimostrazione che non esiste limite ad un eventuale livello di saturazione di idee.
Che quest’album segni l’inizio di un nuovo capitolo in questo avvolte così confuso spazio di contemplazione, per alcuni, e di azione, per altri, è affermazione quanto mai precoce ed azzardata; sicuramente però, è un tassellino che naviga fiero e in quasi totalitaria solitudine brillando di luce propria.
L’album riproduce in apertura un rework del brano “Merry Christmas, Mr. Lawrence”, colonna sonora dell’omonimo film (nel cui cast configurava persino David Bowie), composta dal Maestro Ryuichi Sakamoto, brano che nel 1983, tra l’altro, gli valse il BAFTA Award for Best Film Music, premio riconosciuto dalla British Academy of Film and Television Arts.
Rispetto l’originale, distinta da evidenti tratti di nostalgia malinconica, la su detta versione stravolge completamente le sensazioni, scelta coraggiosa, ma efficace.
Originariamente, era la produzione di punta di un film drammatico; Tristano scommette sulle possibili riletture di quelle note tali da rivestirle di un trucco quasi “carnevalesco”, senza mai eccedere tuttavia oltre un’esasperata esuberanza il cui unico prodotto sarebbe stato quello di volgarizzarne la matrice.
Scommessa vinta dunque…
“The Mentor”, “Infinite Rise”, “In Da Minor” e “Esoteric Thing” sono le quattro tracks, delle otto totali di cui si compone l’album, co-prodotte con May. Proviamo a fornirne un’immagine una per una.
Con alte probabilità, The Mentor, occuperà un posto di diritto tra le vostre preferite. Nulla di astrusamente ricercato, meglio così, il più delle volte si rischia di ricadere in un meccanicismo che non si sa verso esattamente che dimensione conduca: un beat-centrismo arricchito da qualche altro semplice accorgimento estetico, fa di questa track un “pezzo” da pista veramente interessante.
Infinite Rise, sarà anche un’ascesa, ma ci trascina nei bassifondi di una qualche metropoli occidentale; se Merry Christmas, Mr. Lawrence presentava uno scenario di festa, questa è estremamente contemplativa, a tratti scomodamente “metallica”, per altri, di un’oscurità smussata e soprattutto avvolgente.
Un’insolita sensazione di inquietudine a dire il vero, di cui però non ne vogliamo fare a meno.
Segue In Da Minor, ve ne consigliamo un ascolto molto attento sicché la sua natura è di difficile definitiva interpretazione.
A nostro avviso, è la track dove riscontriamo la maggiore influenza detroitiana, tradizione di un gruppo in particolare, volendo dirla a motto: “In Da Minor suona Drexciya”, stesse atmosfere subacquee, stesse sensazioni alla ricerca d’Atlantide.
Ci appelliamo a questo marcato linguaggio metaforico poiché riteniamo sia paradossalmente molto più esaustivo di significato.
Non lasciatevi ingannare dal titolo, in Esoteric Thing, di mistico ed esoterico non c’è proprio nulla, anzi.
Si potrebbe prestare perfettamente a colonna sonora di una vostra passeggiata in solitaria al parco: una melodia di suoni naturali, dal cinguettio al vento tra le fronde degli alberi, che proiettano l’immagine di un paesaggio incontaminato, al limite dell’idilliaco e fiabesco, un vero e proprio inno scaccia-spiriti; assolutamente non un caso il fatto che sia a chiusura dell’LP. Un punto che profuma di spensieratezza.
Di un’insospettabile energia è “Pacific FM”, una delle produzioni “in solo” firmate Tristano. Il discorso è simile a quello già svolto per The Mentor, i mood di retroscena sono reciprocamente molto conformi.
Parole interessanti sono quelle che possiamo svolgere a commento di “Rocco’s Bounce”: ora, noi non sappiamo certo chi sia questo Rocco, ma possiamo affermare con una certa consapevolezza che costui trovi molto difficile restare fermo, composto e seduto al suo posto.
Per apprezzarne a pieno il carattere di quest’ibrido tra jazz e funk, ve ne consigliamo più di un ascolto consecutivo.
Chiudiamo Surface Tension con “Xokoland”: eccentrica e sensuale, di un erotismo giocoso ed imprevedibile, lascerà un malizioso sorriso sul vostro volto.
In definitiva conclusione, se vi aspettavate un prodotto il cui strumento-protagonista fosse nient’altro che un pianoforte classico, sicché prima vera immagine cui accostiamo immediatamente la figura di Tristano, vi invitiamo a ricredervi:
The piano is there, but it’s more like the shadow of the piano. We don’t have the mass of that sound, it’s more like the reminiscence of that sound
Surface Tension è qualcosa di ben più polivalente e ridondante; di una sfericità che non lascia modo ad alcuna angolatura né di prendere predominanza, e né di rilegarsi all’interno di artefatti di incerta contemplazione: il ché è ovviamente testimone di una profonda elevazione che non può prescindere dal proprio trascorso, ma rifiuta di limitarsi ad esso.
Come quel trampolino senza la cui elasticità non si potrebbe mai arrivare così in alto, così assurge la tradizione artistica di colui che, fiducioso del bagaglio già acquisto, si muove consapevole in esplorazione del domani che avanza, certo che le difficoltà in attesa, altro non sono che i frutti di un’educazione auto-impartita responsabile, creativa, e trasversale.
Riccardo Di Marco