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La storia di cui parliamo è, come avrete capito tutti quella riferita a Ten Walls, che sembrava essersi affievolita, e invece è riesplosa portandosi dietro tutte le polemiche, vecchie e nuove.

Questo pezzo arriva dopo una lunga riflessione perchè la questione riguardante Ten Walls è estremamente delicata. Non ci troviamo qui a parlare di omofobia (che diamo per scontato sia una cosa da condannare), ma di accanimento, di eccesso di pena e soprattutto della scelta tra chi può e chi non può arrogarsi il diritto di giudicare una persona.

Ma facciamo un passo indietro e ripercorriamo la storia in breve. Il lituano Marijus Adomaitis, salito alla ribalta nel 2014 con il pezzo Walking With Elephants (una vera hit nel mondo della tech-house), a settembre 2015 pubblicò due post omofobi sul suo profilo Facebook, in risposta ai quali venne eliminato da numerossime line up. In risposta postò un commento di scuse considerato ancora più offensivo dei due post precedenti.

Risultato? Scoparso da ogni console che conta per oltre un anno, damnatio memoriae e un danno economico non da poco (se l’è meritato, penserete).

Fin qui tutto apposto, Marijus fa una cazzata, Marijus la paga, com’è giusto che sia in un mondo civile e normale.

Succede però che, dopo un anno, Circoloco decide di metterci una pietra sopra e bookare nuovamente Ten Walls, e qui scoppia un vero e proprio putiferio: colleghi che esprimono il loro sdegno tramite social network e altri che si rifiutano di suonare con lui, forzando Circoloco a rimuoverlo dalla line up. Lui replica dicendo che capisce la situazione, ma preferisce guardare avanti piuttosto che arrabbiarsi.

E qui viene giù il finimondo: scena spaccata in due tra chi lo odia e spera che non suoni mai più in un club e chi invece lo difende, dicendo che un club deve guardare solo il musicista e non la persona oppure ancora che il Lituano ha già pagato abbastanza per le sue dichiarazioni.

ten walls

Le riflessioni che ne escono sono molteplici, ma una su tutte ci tocca particolarmente: Ten Walls è stato cancellato da una line up perchè vari colleghi si sono rifiutati di suonare con lui. In poche parole i suoi stessi colleghi hanno deciso che il suo crimine doveva essere stigmatizzato ancora, fino alla fine degli anni, in una cosa che è sembrata più un punirne uno per educarne cento. Un metodo che sinceramente non dovrebbe appartenere ad una comunità che si batte per valori giusti e puliti come quelli dell’uguaglianza.

Quanto deve pagare un uomo che ha sbagliato? La sua pena serve a riabilitarlo, a fargli capire dove ha sbagliato o solo a vessarlo e farne esempio per i futuri?

Senza scomodare Cesare Beccaria e altri che hanno affrontato la questione già dalla notte dei tempi, basta un po’ di buon senso per rendersi conto che giudicare Ten Walls non spetta di certo ai suoi colleghi, isolarlo in questa maniera, giudicarlo in maniera così pesante non li pone in una posizione migliore della sua, anzitutto perché così si scavalca la posizione del gestore del locale, o di qualsiasi altra persona che decide di bookare o meno il lituano e in un secondo momento perché, in maniera molto più grave, si toglie la possibilità al pubblico stesso di giudicare un artista in base a ciò che esprime; siamo veramente sicuri che Ten Walls avrebbe ricevuto una reazione “calorosa” dal pubblico del Circoloco?

Non sarebbe stato molto più probabilmente subissato di fischi o, peggio ancora, boicottato dal suo pubblico? E questo non sarebbe molto peggio di qualsiasi altra punizione possibile?

Ma qua continuano a volare rocce.

Franco Amadio