Da venerdì 05 a domenica 07 luglio, immerso nei suggestivi giardini riqualificati di Villa Arconati – FAR di Bollate, ha preso vita la sesta edizione del Festival Terraforma 2019. Manifestazione che anche quest’anno si conferma una delle realtà più importanti del paese, permettendo a Milano di avvicinarsi a quelle città che lavorano per ampliare il concetto di esperienza musicale ecosostenibile.
L’essenza che ormai da sei anni dimora all’interno dei tre giorni di Terraforma 2019, nel parco di Villa Arconati – FAR a Bollate (Milano), si avverte ancora prima di raggiungere il main stage e le zone dedicate alla manifestazione. Il suo fascino e la sua ormai indiscussa particolarità si percepisce appena ci si trova davanti all’ingresso dell’imponente villa settecentesca che domina gli oltre dodici ettari di parco. La maestosità del palazzo unita alla musica elettronica sperimentale, che con un riverbero alienante raggiunge il piazzale appena dopo l’ingresso, trasmutano gli oltre trecento anni della sua storia e uniscono gli antipodi temporali del passato della villa, al futuro della musica. Un futuro che il collettivo dell’associazione culturale Threes, attraverso una programmazione sempre più ricercata e unica, sta manipolando anno dopo anno generando un vero e proprio movimento culturale. Un complesso insieme di forme d’arte ed un pubblico che ogni anno aumenta adattandosi e diventando simbiotico, rispecchiano perfettamente l’essenza che dimora da sempre alle basi dei concetti di Terraforma: l’ecosostenibilità, la natura e la ricerca per l’arte non convenzionale.
Disarmante come sempre la posizione dell’evento e l’aspetto architettonico a cura di Matteo Petrucci; che uniti all’universo artistico proposto, alle performance negli spazi immersi nel verde del parco come l’installazione Kiosque à Musique, ed un fitto pubblico di partecipanti sempre più multietnico, confermano la crescita di una delle più importanti realtà del nostro paese. Che piaccia o meno!
Immersi in proiezioni, musica, meditazione, spoken word, architettura, yoga e design, tutti i linguaggi che si alternano ora dopo ora dimostrano che ci troviamo davanti a qualcosa di sempre più definito rispetto un semplice festival di musica elettronica. Complice sicuramente anche la partecipazione di personaggi di un certo peso artistico come la designer Nathalie Du Pasquier: l’iconica designer e artista che ha rinnovato l’artwork del Festival nonchè co-fondatrice del collettivo Memphis di Sottsass, alla quale è stato affidato il compito di plasmare la forma espressiva legata al linguaggio, tema di questa edizione.
All’interno di sonorità oniriche, ritmi tribali, musica sperimentale, letture e meditazione, gli ospiti proposti sono stati in grado di creare dei sistemi chiusi dentro i quali l’arte ha generato dei confini delineati e a tratti paradossali: come l’attesa performance di Laura Phillips Anderson, (moglie di Lou Reed), che ha presentato per la prima volta in Italia “The Language of the Future”; mettendo in scena uno show complesso ma completo. Tra recitazione e violino elettroacustico, ha impostato il suo spettacolo su una serie di temi come l’ambiente, la politica e il declino senza rimedio nel quale il nostro pianeta sta precipitando. Portando il pubblico verso spunti di riflessione concreti ma arrivandoci attraverso una forma espressiva talmente non convenzionale, da risultare apparentemente non comprensibile e per qualcuno, forse, troppo personale. Ma il risultato è stato efficace e sicuramente unico.
Come non sono state scontate tutte le esibizioni degli artisti previsti, da Mica Levi, Dj Stingray, Izabel, Ramzi a Daniel Higgs, con il suo linguaggio mistico capace di attraversare omelie extra terrene ed in grado di trasportare il pubblico verso nuove dimensioni sonore. STILL, acclamato e vera sorpresa del festival. Efdemin & Marco Shuttle (già presente nel 2105 e 2016), Buttechno, Juliana Huxtable (purtroppo bocciata per aver affrontato territori troppo commerciali), Bambounou, RP BOO, Monolake con il suo linguaggio algoritmico e Renick Bell, con live coding e mapping. In grado di generare proiezione in tempo reale dei codici suonati e creando un linguaggio che si lega al tema di questa edizione, ma che per qualcuno si discosta troppo dallo stile musicale più meditativo che l’evento dovrebbe trasmettere. Discutibile, è vero, ma se ci pensate bene, niente è stato lasciato al caso in una terra di confine senza Dio, dove il linguaggio deve autogenerarsi e sviluppare nuove forme comunicative e interpretative.
Ascolta qui il set di Marco Shuttle dell’edizione del 2016.
Da segnalare sicuramente anche il ritorno di alcune importanti conferme: come Lorenzo Senni (Stargate) e Vladimir Ivkovic, che a differenza dell’edizione del 2018 ha plasmato un set in perfetta sintonia con Terraforma 2019. In particolar modo Vladimir Ivkovic, di Belgrado, considerato un ricercatore musicale fuori da ogni schema e senza tempo, ha eseguito uno dei set più belli del festival, trasportandoci in territori talmente ricercati e particolari che è davvero quasi impossibile catalogarne il genere. Un sempre alieno Donato Dozzy, che si conferma un punto di riferimento con la sua performance introspettiva che ha sorvolato i confini più remoti della Ambient Music fino alla Techno. L’ipnotico fascino di Caterina Barbieri, umile produttrice e compositrice elettroacustica fino a Paquita Gordon, che chiude il festival domenica sera con un viaggio introspettivo dal quale tutti non avrebbero voluto svegliarsi, ma che riporta tutti quanti, purtroppo, con i piedi per terra.
Ascolta qui il set di Paquita Gordon della scorsa edizione.
Inutile girarci intorno, o perdersi in polemiche sterili di chi si aspettava probabilmente tre giorni di musica Techno o altro, Terraforma 2019 per la sesta edizione consecutiva ha solidificato le radici sempre più imponenti di questa maratona firmata Italia. Gli artisti e la loro visione slegata dagli schemi rigidi che vincolano quasi tutti gli altri festival, sono riusciti ad appagare un pubblico che ogni anno raggiunge Milano per essere sorpreso e soddisfatto; nonostante il caldo massacrante abbia accompagnato tutta la durata del festival.
E se sotto alcuni aspetti c’è ancora qualcosa da perfezionare, come le code nelle aree ristoro a volte estenuanti, le poche zone per il recupero dell’acqua e l’organizzazione nell’area camping, l’evento dimostra ancora una volta come anche nel nostro paese sia possibile fare interagire ecosostenibilità e musica elettronica, arte e rispetto per l’ambiente. L’evento infatti è a impatto zero e privo di plastica; i partecipanti sono stati dotati di bicchieri riutilizzabili di alta qualità per tutto il weekend, il sistema di illuminazione del campeggio è stato relaizzato con energia solare e molto altro.
Così nella speranza che Terraforma possa per le edizioni future, continuare a migliorarsi e a pensare di più a quelli che come me hanno portato anche quest’anno il proprio figlio (impossibile far scendere Daniel dalle mie spalle), non ci resta che aspettare l’evoluzione di quella che ha tutte le carte in regola per diventare la realtà artistica più ricercata del nostro paese e non solo.
Guarda QUI le foto dei partecipanti di questa edizione di Terraforma 2019.
Un ringraziamento allo staff di Terraforma per l’ospitalià.