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Di proprietà della Sony, la fabbrica di Compact Disc di Terre Haute, nell’Indiana, chiude definitivamente la produzione del supporto audio nato alla fine degli anni ’70.

Con il ritorno del vinile, dell’inarrestabile aumento dello streaming audio e dei formati di ultima generazione, la Sony dopo la chiusura dei sui numerosi impianti di produzione di compact disc, con 375 lettere di licenziamento, mette i sigilli anche allo stabilimento di Terre Haute; l’ultimo impianto rimasto di tutti gli Stati Uniti.

Nato agli inizi degli anni cinquanta come produttore di vinili per la Columbia Records, lo stabilimento Sony di Terre Haute inizia a produrre compact disc nel 1984, arrivando in 33 anni di attività a stampare oltre 11 miliardi di compact disc.

«Il mercato dell’intrattenimento domestico sta declinando da molti anni. Finora siamo riusciti a tenere il passo soprattutto con una politica molto aggressiva di taglio dei costi e cercando di creare efficienza attraverso tutta la filiera. Adesso però non ha più senso andare oltre»

Ha dichiarato Dave Rubenstein, presidente di Sony Digital Audio Disc Corporation America.

Era il 1979 quando la Philips e la Sony (subentrata dopo l’abbandono da parte del gruppo DuPont) si accordarono per collaborare allo sviluppo e la realizzazione di quello che da li a breve sarebbe diventato il principale supporto audio a cavallo tra gli anni ’80 e ’90.

Il disco di policarbonato trasparente di 12 centimetri, grazie alla sua semplicità di utilizzo, divenne il principale colpevole dell’inizio del declino della produzione di musicassette e vinili, fino alla comparsa del primo mp3 nel 2001.

La Sinfonia delle Alpi di Richard Strauss diretta da Herbert Von Karajan con la Berliner Philharmoniker fu il primo CD ad uso commerciale, creato nel 1982 e prodotto della Philips di Hannover. Mentre il primo ad essere venduto su ampia scala fu 52nd Street di Billy Joel, sempre nello stesso anno.

Il declino del compact disc inizia inesorabilmente con l’introduzione (sottovalutata) del formato mp3 nel 2001, nonostante la sua fine per molti esperti del settore fosse annunciata già a pochi anni dalla sua nascita.

A causa sia dell’estrema facilità di masterizzazione e quindi di riproduzione illegale del supporto, che per l’elevato costo di vendita al pubblico, nonostante i costi di produzione siano stati sempre molto bassi (circa 80 centesimi di dollaro al pezzo).

Come spiega Greg Milner, giornalista americano:

«I manager non capirono che il pericolo veniva dall’mp3 soprattutto perché suonava male, molto peggio del Cd. Ma era una qualità più che accettabile, tanto che la maggior parte del pubblico che non è educato alla musica non si accorgeva neanche della differenza»

Ma se la sconfitta del supporto digitale sia stata annunciata già da anni, la crescita della produzione di vinili e il ritorno, seppur di nicchia, delle audiocassette sta crescendo sempre di più (leggi QUI), per la felicità di tutti gli appassionati e collezionisti di musica.