Una delle performance più suggestive e interessanti di questa edizione di FuoriFestival è stata quella di Sara Berts. Noi le abbiamo potuto fare qualche domanda.
In occasione della media partnership con il FuoriFestival di Spoleto, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare alcuni degli artisti in programma. Per chi non la conoscesse, Sara Berts è una compositrice e sound artist di Torino i cui lavori fondono elementi del mondo naturale e dell’elettronica. Nelle sue perfomance, field recordings, voci ed effetti si mescolano creando un terreno d’incontro tra il mondo visibile e quello spirituale.
Dopo il diploma in sound engineering al SAE Institute di Milano, lavora come sound designer alla Scuola Holden. Nel 2017 inizia ad occuparsi anche di medicina tradizionale ashaninka a Mayantuyacu, centro di studio delle piante medicinali amazzoniche. Ha debuttato nel 2021 con un EP pubblicato dal collettivo torinese Gang of Ducks, mentre il suo ultimo lavoro è stato pubblicato nel 2022 dall’etichetta giapponese Muzan Editions. Durante la sua carriera ha collaborato con diverse realtà e festival tra cui Club2Club, Primavera Sound, Cripta747, Nextones, Elementi, Torino Jazz Festival e Radio Banda Larga.
Ciao Sara e benvenuta su Parkett Channel. Musica e natura sono due mondi che nella tua vita hanno dei ruoli decisamente importanti. In che modo si intersecano e si influenzano a vicenda?
Ho la fortuna di vivere in una casa circondata dagli alberi e passo molto tempo in giardino e nei boschi vicino a casa. Il mio corpo sta meglio quando si riconnette ai ritmi della natura, il volume dei pensieri si abbassa e riesco a connettermi con il sentire. Da questo spazio interiore, di calma e presenza, riesco a sentire la musicalità di ciò che sta intorno a noi, ed è come se foglie, insetti, uccelli mi invitassero ad improvvisare con loro.
Hai commentato FuoriFestival dicendo che probabilmente è la location più bella in cui hai suonato. Come hai vissuto questa esperienza? E più in generale, quanto influisce il setting sui tuoi live?
Spoleto è meravigliosa, e suonare al tramonto con le colline umbre sullo sfondo, circondata da alberi, con le rondini che volteggiano è stato un momento idilliaco. Se il setting di un live è un paesaggio naturale funziona meglio, proprio perché la mia musica viene da lì è come se ci fosse una circolarità, un tornare a casa.
Ti occupi anche di yoga e di spiritualità, hanno un impatto sulla musica che produci?
Purtroppo non pratico più yoga dalla pandemia, quando la shala che frequentavo dovette chiudere e le lezioni passarono online, da allora non ho più ricominciato, anche se mi manca molto. Fare musica per me è quanto di più simile a una pratica, è un processo che accompagna e riverbera i miei stati d’animo, le comprensioni e le intuizioni e mi aiuta a fare ordine, ad adottare una prospettiva più ampia.
Tornando invece alla natura, il tema ambientale è un problema sempre più sentito anche nell’industria musicale, soprattutto per ciò che riguarda la realizzazione di eventi e festival. Come pensi che il settore debba muoversi per andare in una direzione sempre più sostenibile?
È un tema complesso, e sarebbe la politica che dovrebbe muoversi per prima, ma siccome questo non succede l’industria musicale deve prendere autonomamente delle scelte che aiutino a ridurre l’emissione di gas serra e che prediligano le energie rinnovabili. È ammirevole quello che sta facendo EarthPercent, organizzazione di beneficenza fondata da Brian Eno, che raccoglie fondi dall’industria musicale per donarli a realtà e associazioni che affrontano l’emergenza climatica.
Ultima domanda. Quali sono i tuoi progetti futuri? Stai lavorando già a qualcosa che puoi anticiparci?
Sto lavorando ad un podcast e al prossimo disco, che sarà un album. Il podcast raccoglie una serie di conversazioni che ho registrato a gennaio nella foresta amazzonica peruviana, dove sono andata a trovare il mio maestro, un curandero ashaninka direttore di un centro di studio di piante medicinali. Il disco è ancora in fase di produzione, sto sperimentando con la voce, un elemento nuovo rispetto ai primi due EP, poi c’è sempre il Music Easel, e un po’ più di percussioni.