Pär Grindvik rilascia il suo album di debutto Isle of Real entro la primavera, sotto forma di doppio vinile da 12″ sulla sua label, la Stockholm LTD. Il tema è molto interessante, dato che tratta di luoghi abbandonati dagli esseri umani e la natura che se ne riappropria. Come una matrioska, è un viaggio musicale che a sua volta contiene un viaggio reale, inscritto e descritto a sua immagine e somiglianza.
Questo LP di dieci tracce è stato infatti composto dal musicista svedese durante un vero e proprio nomadismo durato svariati mesi, nei quali ha avuto modo di progettare, scrivere ed arrangiare le prime stesure di quelli che poi saranno i brani definitivi. Tutta la ricettività e la curiosità esplorativa del viaggio elaborate praticamente in tempo reale, demo che poi sono stati finiti di scolpire e modellare al ritorno in patria, in quattro giorni di sessioni in studio a Stoccolma con l’assistenza dell’amico/tecnico Peder Mannerfelt.
E’ un disco in cui si nota subito l’esperienza ventennale del musicista e il suo background techno, ritmico ma anche melodico. Anzi, particolarmente melodico, al punto che spesso si stagliano dinnanzi a noi momenti di ampio respiro, in cui la cassa dritta accompagnata da delicati suoni si fa da parte lasciando parlare tappeti dalle tonalità artiche in soliloqui che evocano i volubili fenomeni atmosferici. Si sente molto il nord, il suo nord: il bianco e il grigio come tonalità dominanti, il timbro pulito dei pad, che permano l’aria e vanno a creare un ambiente dove camminare. Spicca il largo uso di suoni che evocano campanelle, wind chimes, e in generale suoni da sintesi FM, che si stagliano e si reiterano all’infinito al di sopra di basi corpose, massicce.
Notevoli le due tracce del lato B, la prima con un interessante strato di percussioni e una base più sommessa del solito, la quale dà grande spazio a un fraseggio di sintetizzatore che inizia con un registro grave e poi con una serie di voli pindarici evoca scenari come fosse al centro di una colonna sonora; la title-track, invece è come un’ode solenne, ariosa, in cui un piano riverberatissimo ti prende per mano e ti accopmagna per una passeggiata nella neve. Un brano-gioiello che dura quanto basta per trasportarti all’altra metà dell’LP, dove riprende tutto il movimento ritmico e si fa ancora più denso e implacabile. In generale non è duro come siamo abituati a conoscerlo, ad esempio come nel recente “Air” (per dirne uno tra tanti) ed è sicuramente più intimo ed introverso rispetto a brani come “Do us part”.
Siamo di fronte a un Pär Grindvik in una veste più pacata e organica, forse potremmo dire anche più spontanea e naturale (o meglio, naturalista) rispetto ad altri suoi lavori passati, minimalista piuttosto che minimal. Sembra il raggiungimento di una maggiore maturità, anche perchè abbiamo tra le mani un concept, e per definizione un concept è un album con un discorso che si articola da un capo ad una coda, contiene un messaggio o un’esperienza, permette di vedere un’evoluzione al suo interno e di affacciarsi nella parte più vera dell’artista.
C’è una effettiva narrazione e quindi un grado di completezza in più, relativamente inedito rispetto a molti lavori precedenti. In “Isle of real” pare proprio di vederlo mentre si allontana un momento dal dancefloor per addentrarsi da solo nei boschi. Questa volta sicuramente ci ha spiazzati, in senso assolutamente positivo, proponendo qualcosa di più riflessivo e sperimentale. Vista la sua costante ispirazione e prolificità non si può mai dire con sicurezza quando un artista del genere possa aver raggiunto la sua vetta massima.
Tracklist
A1 – Never Give In
A2 – Headland
B1 – The Marlton
B2 – Shine
B3 – Isle of Real
C1 – Limits of Real
C2 – Holy Nothing
C3 – Shelter
D1 – Tide Us Part
D2 – Changes
Paolo Castelluccio