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Uzay è l’abum d’esordio di Lüzai, uscito su tutte le piattaforme il 22 Settembre.

L’universo sonoro di Lüzai si apre come un’entità multiforme, intrecciata da emozioni e visioni che prendono forma e significato nel suo EP, ‘Uzay’. Questa raccolta di brani, il cui nome in turco significa “spazio”, si trasforma in un viaggio introspettivo in cui Lüzai esplora le dimensioni dell’identità, della libertà e del significato profondo dello spazio.

Lüzai, promettente cantante e compositrice italo-camerunese e nata e cresciuta con la musica in casa, ci offre un’esperienza musicale straordinaria che va al di là delle convenzioni. Attraverso una combinazione incantevole di suoni synth e testi carichi di significato, l’artista ci invita a esplorare il territorio dell’anima umana.

Il nuovo EP ‘Uzay’ rappresenta un punto di svolta per Lüzai, che si avventura audacemente in un viaggio di auto-esplorazione sonora e concettuale. Cinque tracce, ‘Soffio‘, ‘Spazio‘, ‘Loop‘, ‘Luna‘ e ‘Fuga‘, che esplorano il concetto di identità in un contesto musicale, creando un connubio intimo tra sonorità elettroniche e testi profondamente significativi.

Nelle sue parole, Lüzai ci conduce attraverso i concetti fondamentali che permeano ‘Uzay’. Parole come “Identità“, “Libertà“, “Spazio“, “Anima” e “Spettro” si intrecciano come fili di un tessuto musicale intimo e vibrante, rivelando la profondità della sua visione artistica e il suo desiderio di esplorare le complessità dell’esistenza umana.

In un’intervista esclusiva, Lüzai condivide con noi le sfumature emotive dietro la creazione di ‘Uzay’, rivelando la sua ispirazione, il suo percorso e la sua visione unica che traspare in ogni nota e in ogni parola del suo straordinario lavoro.

Ciao, benvenuta su Parkett, è un piacere averti come nostra ospite. L’EP “Uzay” è stato definito come un “sogno lucido” che racconta un viaggio nello spazio alla (ri)scoperta di sé. Quale ispirazione si nasconde dietro questo concept e come hai tradotto questa idea in questo EP?

Ciao, esatto, nell’EP racconto un viaggio: la conoscenza di se stessi è un percorso che va avanti nell’arco di tutta la vita, direi che questa musicalmente è solo una prima tappa. 

Parte dell’ispirazione è arrivata pensando al titolo dell’opera, al suo significato, da cui deriva il mio nome d’arte. Credo che le cose accadano per un motivo e siano appunto frutto di un percorso di cui via via si scoprono i pezzi.  

Devo dire che l’arte se fatta in un certo modo è un ottimo strumento per scavare dentro se stessi e arrivare un po’ più facilmente alla comprensione di alcune cose, siamo esseri complessi.  

All’inizio non sapevo cosa avrei scritto per questo EP. Sapevo che avrei usato le mie esperienze per condividere un racconto su uno “spazio” all’interno di cui queste sono contenute. Mi è venuto spontaneo immaginare anche degli scenari ultraterreni.  

Insieme al mio tormento esistenziale c’è la curiosità sull’universo e sullo spazio; così, accanto a una paura, c’è stupore nel trovare un pianeta diverso dal nostro, l’esistenza di altre forme di vita, qualcosa di buio e qualcosa di luminoso. 

Ho sempre pensato che esistessero altri mondi che stanno intorno a noi e che quindi non siamo totalmente soli in questo viaggio. Prima si parlava di un sogno lucido, sono sì una sognatrice, ma non perdo mai la lucidità. Nell’EP parlo di temi tangibili e vivibili, spero che poi ognuno possa interpretarli con una propria chiave, perchè sono questioni che toccano tuttə: lo spazio, l’ansia, la fuga (in “Loop”), la ricerca di un’identità (in “Soffio”). Racconto anche dei miei viaggi ultraterreni sulla luna, è bello così. 
 

 
Il titolo dell’EP, “Uzay,” deriva dalla parola turca che significa “spazio” e rappresenta un contenitore di emozioni. Come hai cercato di esplorare e esprimere queste emozioni attraverso la tua musica? 

È stata la musica a rispondere alle mie domande, a spiegarmi quello che stava succedendo e in che modo dovevo agire. Io mi sono impegnata ad essere aperta a ricevere gli stimoli che mi mandava. In generale sono una persona che si fa molte domande e che cerca risposte attraverso la scrittura e la musica.  

La maggior parte dei percorsi psicologici dà molta importanza alla scrittura perché questa ha la forza di fissare i pensieri che vagano nella mente ovunque tu voglia. Immaginatevi di trascinarvi dietro uno zaino pesantissimo pieno di perché: questo peso delle volte mi blocca, mi trascina e mi limita se ci penso. Ho provato spesso ad anestetizzarlo, ma l’unico sollievo arriva veramente quando riesco a buttare giù tutti questi perché, metterli per iscritto, metterli in musica o ovunque mi senta ispirata. Solo così riesco a vedermi da fuori per come sono, riesco ad osservare le mie domande, a studiarle. 

Penso sia l’antidoto ad un senso di smarrimento al quale si tende ad abbandonarsi, e non lo biasimo perché è più facile abbandonarsi, ma io ho sempre avuto un’indole combattiva, non mi arrendo facilmente. 
 

 
Hai lavorato in modo molto personale su questo progetto. Puoi condividere con noi alcuni dei pensieri profondi e delle esperienze personali che hai inserito nelle tue produzioni elettroniche? 
 

Volevo fare qualcosa di mio, che avesse una mia impronta, per quanto io la consideri ancora in via di sviluppo. Ho deciso che volevo iniziare ad approfondire la produzione e a sperimentare senza grandi pretese all’inizio, più che altro divertendomi, provando una cosa nuova.  

Sono sempre in lotta con il concetto di identità, è un tema molto importante per me, e “Fuga” rappresenta proprio questo: ho ripercorso gran parte della mia adolescenza scrivendo questo brano.  

È stato l’ultimo brano che ho scritto e a livello emotivo anche quello più intenso perché sono racchiuse al suo interno delle cose che difficilmente espongo agli altri. La musica fa questo, tramite la musica riesco ad esprimermi. 

“Rompiamo tutti i vecchi schemi
E se io ti dicessi che c’è posto per te Togliamo i filtri alle nostre storie
le nostre identità sono un potere
Tu sei ibrido, tu sei speciale
Tu sei ibrido, tu sei speciale
Tu sei ibrido, tu sei speciale” – Fuga, Lüzai.

 
Hai menzionato che il tuo sound è frutto di costante sperimentazione. Come hai evoluto il tuo stile musicale nel corso del tempo, e cosa ti ha ispirato a cercare nuove sonorità? 

Sono cresciuta con la musica hip-hop e Lauryn Hill è sempre stata un grande idolo per me. In seguito sono arrivata alla musica elettronica: mi ricordo di aver sentito la prima volta Flying Lotus che mischiava le due cose, da lì è scattato qualcosa. Crescendo ho ampliato molto i miei ascolti e, in generale, mi appassionano sempre mondi di artisti che guardano un po’ oltre i canoni e sperimentano: Björk, Arca, Lafawandah, Saya Gray, Space Afrika, Moderat, Sevdaliza, Tirzah, Lyra Priamuck, Ryx, Sampha, Moses Sumney. 

Mio padre suonava nei club quando ero piccola – ho qualche ricordo delle serate a cui partecipavo – quindi sento che quello del club è un mondo a me da sempre molto affine. L’ideale sarebbe riuscire a mischiare tutti i miei mondi, mi piace l’idea di avere più stanze a disposizione nelle quali entrare a prendere ogni volta qualcosa di diverso. 
 

 
Nei tuoi testi, racconti le tue vulnerabilità e le tue esigenze espressive ed emotive. Qual è il messaggio principale che desideri comunicare attraverso le tue canzoni? 

Sicuramente c’è qualcosa che accomuna tutti i miei testi: la necessità di sentirsi umani, di comunicare delle esperienze condivisibili, di ricordare a me e alle altre persone che alla fine siamo tuttə sulla stessa barca. 

La salute mentale è qualcosa a cui stiamo dando spazio solo negli ultimi anni, principalmente perché dopo la pandemia sono venuti a galla una serie di problematiche e traumi tangibili. In alcune famiglie, nel sistema educativo, non c’è una grande comunicazione rivolta a questi temi, nonostante oggi ci siano degli strumenti per poterne parlare in modo attivo, non concepisco che siano ancora tabù. 

Vorrei riuscire ad essere trasparente nella mia comunicazione, riuscire a dire le cose come stanno senza aggiungere patine, certi argomenti vanno affrontati senza filtri.  

Il fatto che alcunə artistə si mettano in gioco in questo senso può rappresentare un paracadute o una bombola di ossigeno per chi ne parla e soprattutto per chi riceve. Ascolti una cosa e dici “non sono solo”, si possono alleviare dei grandi pesi e concretizzare pensieri astratti. È l’antidoto alla morte non per forza fisica, personalmente ho scoperto che il peso di alcuni pensieri che sembrano insostenibili può diventare decisamente più sostenibile se è condiviso.
 

Con la pubblicazione del singolo “Loop” hai posto le basi per la presentazione del tuo lavoro discografico “Uzay.” Cosa puoi dirci sulla direzione artistica che hai preso per questo progetto? 

Mi piace la musica per il corpo oltre che per la mente. Il basso e la batteria sono strumenti che ti fanno sentire forti vibrazioni principalmente attraverso il corpo.  

Ho scelto di sviluppare la batteria in stile drum and bass con una linea di basso molto presente in “Loop” perché è quella che mi consentiva meglio di raccontare uno stato d’animo forte come quello dell’ansia.  

Non voglio darmi etichette però, né mettermi paletti: sto ancora facendo ricerca e crescendo pian piano nel percorso, spero che la mia curiosità non si esaurisca mai. 

La curiosità è benzina e il tempo inteso come pazienza (che sto imparando a sviluppare) è il segreto; dare il tempo alle cose e anche a noi stessi di scoprire, intuire, crescere e cambiare. 

In questo senso la direzione artistica è sempre in evoluzione, un lavoro in corso come me, voglio skillarmi ancora di più nella produzione per poter dare un’impronta tutta mia alle opere, c’è bisogno di donne alla guida dei propri progetti artistici.