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Tommaso Dibello ha annunciato sui propri canali social di non essere più alla direzione artistica del Volt Club dopo sei anni di attività.

Dentro le storie dei club, le persone (ce lo dimentichiamo troppo spesso) hanno un ruolo fondamentale. Attraverso le loro visioni, intuizioni, scommesse si costruiscono orizzonti di crescita, sperimentazioni e nuove forme di comunicazione.

Nel racconto che Volt Club ha portato avanti nel corso degli anni la storia di Tommaso Dibello è stata senz’altro sostanziale: se il club di Via Molino Delle Armi portava con se la forza di un personaggio del calibro di Claudio Antonioli, imprenditore lungimirante e attento ai mutamenti culturali nella sua attività nel mondo della moda, una necessità, dall’entrata in carica di Tommaso Dibello come booker e direttore artistico, è stata sin dall’inizio delineare un’identità. Un’identità non per forza condivisibile dai clubber tradizionalisti, ma sicuramente fortemente radicata dentro una città come Milano.

La capitale della moda in cui la scena clubbing ha fatto spesso fatica a raccontarsi, a diventare un punto di riferimento per l’Europa aveva bisogno di definirsi, di assomigliare di più alla Milano che vive i suoi club, che vive la notte. Aveva bisogno di distruggere modelli imitativi europei culturalmente distanti e con premesse sociali radicalmente opposte, e di guardarsi dentro, in maniera profonda e sincera.

La direzione artistica che Dibello ha seguito negli anni non è voluta mai sfuggire dallo spirito di Milano.

Anzi lo ha cavalcato, sviluppato, esaltato. Il Volt è diventato un club aperto a un pubblico variegato, ha accolto le tendenze estetico culturali di una buona fetta della nightlife milanese diventando un punto di riferimento, all’interno del panorama clubbing meneghino, indiscutibile. Il networking tra artisti e club che Volt ha portato avanti sotto la direzione artistica di Dibello è stato vincente, ha costruito un nuovo modello. In sei anni, in cui tante realtà hanno visto lo zenith per pochi istanti, Volt non ha mai ceduto un solo centimetro.

Il club ha dato la possibilità al pubblico di ascoltare artisti, spesso raggiungibili solo nei grandi eventi, in una dimensione più intima e personale. In una situazione inedita e sorprendente.

La qualità della musica è stato il filo conduttore che ha guidato le scelte artistiche che hanno alternato ai grandi nomi della scena melodic (Tale of Us, Adriatique, Kevin De Vries, Mind Against) nomi più eclettici dai tedeschi Gerd Janson e Roman Flügel agli olandesi Job Jobse e Tom Trago, senza tralasciare colossi come Maceo Plex, Seth Troxler ed Apparat.

I nomi sarebbero infiniti, delineando la capacità di creare una proposta eterogenea ma studiata nei minimi dettagli. Per costruire un’identità capace di sopravvivere alle inversioni di tendenza musicale.

La fidelizzazione del pubblico ha permesso di investire anche su talenti più emergenti ed intuire il loro potenziale, è il caso di &Me e del circuito Keinemusik che ha visto nel club milanese uno dei luoghi più importanti per la propria crescita in Italia, ancor prima dell’affermazione del brand a livello globale. Ma è anche il caso di talenti nostrani, da Dustin Phil a Ivory, giusto per citarne alcuni, che dal club milanese hanno spiccato il volo con release su label di pregio internazionale.

Tommaso scrive nel suo post di addio

“Il Volt è stata la mia casa dove ho costruito il mio mondo, la mia visione, mattone dopo mattone. Giorno dopo giorno. È stata una grande avventura, troppo grande da poter descrivere. Troppo grande da poter dimenticare. Ringrazio ogni singolo sorriso che ho incrociato in questi sei anni. Ogni singolo abbraccio a fine serata, ogni singolo disco che abbiamo ascoltato insieme”.

Non abbiamo dubbi che il Volt continuerà a scrivere la sua storia, portando avanti il percorso intrapreso in questi anni con una credibilità internazionale di inestimabile valore. Noi di Parkett abbiamo sempre creduto nella proposta artistica del club milanese, abbiamo sempre intravisto quell’identità che ci piace, che da carattere al modo in cui si costruisce un progetto artistico solido nel tempo. Certo, è la fine di un’era. Dell’era di una persona che ha dato tanto al Volt e che siamo certi ha ancora tanto da dare al clubbing.

ENGLISH VERSION

Tommaso Dibello announced on his social channels that he is no longer the artistic director of the Volt Club after six years of activity.

Inside the stories of clubs, people (we forget this too often) have a fundamental role. Through their visions, intuitions and bets, horizons of growth, experimentation and new forms of communication are built

In the story that Volt Club has carried out over the years, the story of Tommaso Dibello was certainly substantial: if the club in Via Molino Delle Armi brought with it the strength of a character of the caliber of Claudio Antonioli, a far-sighted and attentive entrepreneur to the cultural changes in its activity in the world of fashion, a necessity, since Tommaso Dibello took office as booker and artistic director, has been to outline an identity from the beginning. An identity not necessarily shared by traditionalist clubbers, but certainly strongly rooted in a city like Milan.

The fashion capital where the clubbing scene has often struggled to describe itself, to become a point of reference for Europe needed to define itself, to be more like the Milan that lives its clubs, that lives the night. It needed to destroy European imitative models that were culturally distant and with radically opposite social premises, and to look inside himself, in a profound and sincere way.

The artistic direction that Dibello has followed over the years has never wanted to escape the spirit of Milan.

Indeed he rode it, developed it, exalted it. Volt has become a club open to a varied audience, it has welcomed the aesthetic and cultural tendencies of a good portion of Milanese nightlife, becoming an indisputable point of reference within the Milanese clubbing panorama. The networking between artists and clubs that Volt carried out under Dibello’s artistic direction was successful, it built a new model. In six years, in which many realities saw the zenith for a few moments, Volt has never given up a single centimeter.

Volt club gave the public the opportunity to listen to artists, often reachable only at large events, in a more intimate and personal dimension. In an unprecedented and surprising situation.

The quality of the music was the common thread that guided the artistic choices which alternated the big names of the melodic scene (Tale of Us, Adriatique, Kevin De Vries, Mind Against) with more eclectic names from the Germans Gerd Janson and Roman Flügel to the Dutch Job Jobse and Tom Trago, without forgetting giants like Maceo Plex, Seth Troxler and Apparat.

Names would be infinite, outlining the ability to create a heterogeneous but studied proposal down to the smallest detail. To build an identity capable of surviving musical trend reversals.

The loyalty of the public has also allowed us to invest in more emerging talents and understand their potential, this is the case of &Me and the Keinemusik circuit which saw the Milanese club as one of the most important places for its growth in Italy, even before the affirmation of the brand globally. But it is also the case of local talents, from Dustin Phil to Ivory, just to name a few, who have taken off from the Milanese club with releases on prestigious international labels.

Tommaso writes in his latest post:

Volt Club was my home where I built my world, my vision, brick by brick. Day after day. It was a great adventure, too great to describe. Too big to forget. I thank every single smile I have encountered in these six years. Every single hug at the end of the evening, every single record we listened to together.”

We have no doubt that the Volt will continue to write its history, continuing the path undertaken in recent years with an international credibility of inestimable value. We, at Parkett, have always believed in the artistic proposal of the Milanese club, we have always glimpsed that identity that we like, which gives character to the way in which an artistic project that is solid over time is built. Of course, it’s the end of an era. From the era of a person who gave so much to the Volt and who we are sure still has a lot to give to clubbing.