A distanza di quasi 40 anni, torniamo a raccontare del Voyager Golden Record, il disco più famoso mai prodotto nella storia dell’umanità, l’unico di cui si continuerà a parlare per sempre.
Eccone tra queste righe l’interessante storia del Voyager Golden Record.
Gli anni ’70 furono senza ombra di dubbio tempi di grande, grandissima euforia tra le scrivanie degli esperti della NASA.
Si era appena reduci da quella storica data del 21 Luglio 1969, giorno che infuse nell’umanità tutta un incredibile e profondissimo senso di speranza e fede mista ad una cieca fiducia risposta sul progresso tecnologico/scientifico di cui il genere umano stesso era promotore e diretto coinvolto.
Per la prima volta nella storia, specie (chiaramente) tra la più alta comunità scientifica, aleggiava la ferma convinzione che neanche il cielo potesse, da quel relativamente remoto adesso in poi, assurgere ad invalicabile “limite”.
In quel decennio, si è compiuta per ben quattro volte, un’impresa sulla soglia dal fantascientifico; l’immagine dell’uomo a ridosso della superficie lunare, non è certo roba da teatro domenicale, evento dall’indiscutibile significato che si può trarre in quanto civiltà conscia e senziente (al di là di tutta la controversia dagli accesi toni da teoria del complotto sul caso), eppure, a detta degli esperti, da un punto di vista strettamente relativo ai passi compiuti in ambito scientifico ed ingegneristico, oltrepassare il Sistema Solare con un artefatto artificiale è impresa ben più ardua e forse anche più significativa (selezionando i già citati filtri d’indagine) di una bandiera che sventola piantata sul terriccio lunare.
Le sonde del programma spaziale Voyager, e ancor prima quelle del Pioneer, sono nel complesso e in termini molto semplicistici, nient’altro che elaboratissimi tentativi di, non solo spingersi nelle profondità più inaccessibili dell’universo, ma anche, e soprattutto, rinnovare la speranza di stabilire una qualche forma di contatto con altre civiltà avanzate.
Il poker di artefatti, tutt’ora in viaggio tra le sommità dello Spazio profondo, è stato ribattezzate per questo motivo, una sorta di “Capsula Temporale“ testimone dei tratti essenziali della civiltà umana, del suo luogo e del suo tempo d’origine; informazioni destinate per l’appunto a chiunque altro, lì su lontano, coltiva il dubbio di non essere solo.
Quelle del secondo sono “arche” di un messaggio ben più rilevante: Voyager 1 e Voyager 2 in orbita dal 1977, trasportano saldo sulla loro superficie quel che venne presentato al pubblico dalla commissione come il “Voyager Golden Record”, un disco per grammofono completamente in oro (l’unico materiale tanto resistente da affrontare le infinite avversità di un viaggio del genere) e concepito per qualunque forma di vita intelligente extraterrestre o per la stessa umanità di chissà quale futuro, un concreto manifesto di chi siamo, cosa ci piace fare, dove siamo, quanto è multiforme la nostra cultura presa nell’accezione più globale e “terrestre”, per l’appunto.
Le probabilità che qualcuno effettivamente intercetti le sonde e ne decifri il complicatissimo linguaggio con cui vengono fornite tutta una serie di informazioni circa la nostra biologia, e le nostre convenzioni su, ad esempio, tempo e spazio (come spieghereste impiegando non più di qualche segmento la composizione chimica del DNA o la vostra localizzazione cosmologica, cosa voglia dire “mangiare”, “bere” o “giocare”?), sono indirettamente correlate all’infinita vastità dei luoghi da esse percorsi.
Si è calcolato oltretutto che, se ciò dovesse avvenire, non è certo questione di ventenni, ma molto più sicuramente di secoli, anche millenni.
Ad esempio, le Voyager, impiegheranno 40.000 prima di incrociare la stella più vicina oltre la soglia del Sistema Solare, uno spazio dove la proliferazione di una qualche sorta di forma di vita si è logicamente desunta più fattibile.
Proprio per i citati motivi, il loro lancio è carico più di un senso simbolico, piuttosto che una vera e propria speranza anche solo teorica.
Ma venendo al contenuto delV oyager Golden Record, cosa se ne potrebbe ascoltare qualora avessimo l’occasione di riprodurne il contenuto, come effettivamente sarà possibile tra non molto?
Il Prof.Carl Sagan della Cornell University, cosmologo e astrofisico nonchè indiscusso luminare del secolo scorso, era a guida di una commissione che selezionò per la NASA una varietà di quasi 120 immagini e un ancor più vasto repertorio di suoni, sia della natura che emessi dalla varietà di specie animali che condividono con noi la superficie, le acque e i cieli del pianeta.
Il Voyager Golden Record, per giunta, riproduce il saluto di pace degli abitanti della Terra in 55 lingue diverse, il messaggio dell’allora presidente U.S.A. Jimmy Carter e del segretario generale delle Nazioni Unite Kurt Waldheim.
Segue una sezione di circa 90 minuti di musica proveniente da ogni angolo del globo: molta musica classica, Jazz, Blues, come anche Rock ‘n’ Roll, un genere che ai tempi fece storcere il naso a non pochi vertici dirigenziali sicchè visto come “per adolescenti”, ma alle critiche, Sagan stesso usava ribadire sempre: “There are a lot of adolescents on the planet”.
(Piccola curiosità: fece “scalpore” ai più l’esclusione dei Beatles dalla playlist, non perchè Sagan non li desiderasse, anzi, era un grandissimo estimatore di “Here Comes The Sun”, brano che voleva ardentemente all’interno della selezione.Tuttavia, proprio la stessa EMI, l’etichetta del gruppo, negò alla NASA i diritti sul pezzo)
Ebbene, per celebrare l’ormai quasi quarantesimo anniversario da quell’anno, è in programma una release ufficiale del Voyager Golden Record prodotta da Ozma Records: “A new record label and publisher focused on the intersection of science, art, and music to spark the imagination.”
Il Voyager Golden Record sarà solo una parte di un cofanetto molto speciale, un incredibile oggetto di design curato nei minimi particolari ricco di immagini dagli scatti ufficiali delle sonde.
A completare il box, una litografia in inchiostro dorato della cover del disco del ’77, originariamente, una guida alla riproduzione dell’oggetto.
Questo ambiziosissimo progetto vede anche la figura di Timothy Ferris, il vero producer del Voyager Golden Record originale. Il suo contributo è essenziale al fine che il tutto assuma il massimo coefficiente di vero-somiglianza possibile, chiaramente è la più alta fonte che ci si potesse auspicare (tenendo conto del decesso del Prof.Sagan nel ’96).
Come sottolineato da David Pescovitz, Timothy Daly e Lawrence Azerrad, i tre art directors di Ozma:
“Our hope is that The Golden Record: 40th Anniversary Edition will provoke questions about our place in the universe, open our minds to possibility, and serve as a reminder that the future is really up to all of us.”
Si presume che il Voyager Golden Record sarà disponibile a partire da Agosto 2017.
Per maggiori dettagli, vi invitiamo a prendere visione di questo link: Voyager Golden Record: 40th Anniversary Edition
Riccardo Di Marco