fbpx

“Simple Things” degli Zero 7 compie vent’anni, e si conferma uno degli album di musica elettronica d’ascolto destinati a restare un capolavoro in eterno.

Gli Zero 7 nascono nel 1997 dal duo britannico formato da Nenry Binns e Sam Hardaker, entrambi ingegneri del suono che fanno il loro esordio sulla scena musicale mondiale con uno degli album destinati a tracciare un’impronta indelebile nel panorama elettronico per sempre: Simple Things.

Rilasciato ufficialmente il 23 aprile 2001 su Ultimate Dilemma Records, Binns e Hardaker hanno iniziato la loro carriera nell’industria musicale negli anni ’90, formando il loro sound all’interno dello studio di registrazione londinese per il quale lavoravano: il RAK Studio di Mickie Most. I RAK Studios sono un complesso storico di sale di registrazione situati a Regent’s Park e fondati nel 1976.

La prima presentazione ufficiale della coppia sotto l’alias Zero 7 risale però al 1997, con la release della loro prima traccia, il remix di “Climbing Up the Walls” di Ok Computer dei Radiohead. Realizzata grazie alla collaborazione di Nigel Godrich, storico produttore discografico, polistrumentista e collaboratore della band di Oxfordshire già da diversi anni.

Dopo aver perfezionato il loro suono alla fine degli anni ’90, Binns e Hardaker pubblicano anche il loro EP1 di debutto, composto da cinque tracce all’inizio del 2000 e il suo successore EP2 nello stesso anno. Le registrazioni includevano composizioni che sarebbero state successivamente inserite nel loro primo vero long play: Simple Things, che li ha lanciati definitivamente nelle classifiche mondiali.

L’uscita di Simple Things smosse la critica in quegli anni, in quanto trovando difficile inserire la loro musica dentro un genere definito, portò il duo a rilasciare la loro emblematica dichiarazione, in un’intervista per la rivista Seven:

“Le persone cercano sempre di scoprire di cosa ci occupiamo, e la risposta è un fottuto miscuglio irregolare di molte cose. Ma non so da dove venga.”

Composto da dodici tracce per metà esclusivamente strumentali e l’altra metà con voci di un quartetto di cantanti, a fare la differenza è senz’altro la cantante australiana Sia Furler (presente nella traccia Destiny, Distractions, ecc.). Voce unica che da li a breve, nonostante il suo progetto di debutto del 1998 dal titolo “OnlySee” non ebbe successo, le permise di intraprendere la sua vincente carriera solista che oggi tutto il mondo conosce. Ma tuttavia per molti, le prime collaborazioni di Sia con gli Zero 7, rimangono alcuni dei suoi migliori successi fino ad oggi.

La prima volta che Sia ha incontrato Binns e Hardaker ha dichiarato:

“Ero stanca di lavorare con persone che fumano erba e impiegavano due settimane per registrare un suono di batteria”

Un incontro nato per caso e che ha prodotto le canzoni più paradisiache di Simple Things, rendendo il suo contributo all’album inestimabile. La sua voce si adatta perfettamente alle lente canzoni da cui è composto, trasformandolo in una vera e propria dichiarazione d’amore perpetua, come a voler dire: non guardare mai oltre il destino.

Tracce come I have seen e Polaris rendono l’LP un lavoro lunatico e allo stesso tempo coinvolgente. Tra estrapolazioni Jazz, Hip-Hop, Funk e Soul, il disco unisce melodie passate ad un suono futuristico; un viaggio dentro la Downtempo, la Chill-Out e la musica Trip Hop. La maggior parte delle tracce è composta da ritmi di batteria molto simili tra loro, che uniti alle voci di SiaSophie Barker, Zandile Mayekiso e ad una vasta gamma di effetti da studio, lo rendono concettuale e con una struttura unica, dove ogni traccia è un tassello insostituibile per la perfetta riuscita dell’ascolto.

I ritmi, il basso e gli arrangiamenti di archi di Simple Things gli donano una mistica incredibilmente sensuale, pur rimanendo musicalmente assorto nel concetto base nel quale è stato concepito: l’amore.

“Quando sono debole, traggo forza da te; e quando ti perdi, so come cambiare il tuo umore. E quando sono giù, respiri la vita su di me; anche se siamo a miglia di distanza, siamo il destino l’uno dell’altro. “

TRACKLIST:

01. I have seen

02. Polaris

03. Destiny

04. Give it away

05. Simple things

06. Red dust

07. Distractions

08. In the waiting line

09. Out of town

10. This world

11. Likufanele

12. End theme


Leggi anche Massive Attack: a trent’anni da Blue Lines